Dalfovo: «Nel calcio non si programma»

«A Trento troppa fretta, Itas e Bitumcalor hanno lavorato»



TRENTO. La parola d'ordine è “pazienza”. Massimo Dalfovo è tornato nel mondo dello sport in maniera attiva: un paio di mesi fa è stato infatti eletto presidente del Comitato Trentino della Fipav dopo aver staccato la spina per qualche anno. Il suo “habitat” naturale è la palestra, ma è profondo conoscitore anche del mondo del calcio dopo aver ricoperto per due stagioni la carica di presidente del Trento. Chi meglio di lui può parlarne a tutto tondo?

Itas e Bitumcalor fanno furore, il Trento Calcio arranca. Perché?

«Si tratta di realtà completamente diverse – esordisce Dalfovo – e le situazioni vanno analizzate singolarmente. Certo è che se Trentino Volley e Aquila Basket sono arrivate a questi livelli non è stato grazie ad exploit estemporanei, ma dopo un percorso di crescita lungo e senza forzature. Prendo come esempio la Trentino Volley, realtà nella quale ho operato per diversi anni e che, dunque, conosco assai bene. Il passaggio in serie A1 è arrivato nel 2001 dopo l'ingresso di Diego Mosna in società, acquisendo i diritti di Ravenna (pratica, questa, che non è possibile nel calcio, ndr), ma i presupposti per tale salto erano stati messi negli anni precedenti. Il progetto era partito nel 1990, in mezzo ci sono state quattro promozioni e la squadra, prima di passare in A1, aveva già alle spalle tre campionati in serie A2. In quell'occasione è stata messa la ciliegina sulla torta, ma dietro c'era tanto».

L'Aquila Basket, però, è una realtà piuttosto recente.

«Sì, ma non hanno iniziato ieri a lavorare per essere “grandi”. La promozione in LegaDue è arrivata dopo un processo di crescita costante, compiendo un passo alla volta e senza bruciare le tappe. Mi pare che Salvatore Trainotti, persona squisita e dirigente di grande competenza, lavori a Trento da qualche anno. Insomma, il mio pensiero è che non si può improvvisare. E i soldi non bastano per conquistare traguardi importanti».

Lei è stato presidente del Trento (allora si chiamava Trentino, a dire la verità, ndr) per due stagioni. Nel calcio cosa cambia?

«Poca pazienza e si punta al “tutto e subito” senza ragionare sul medio – lungo periodo. Il mondo del calcio, di base, è molto più frenetico rispetto a quello della pallavolo e del basket dove, anche per motivi economici, bisogna programmare l'attività con grande attenzione. A Trento, probabilmente vista anche l'importanza della piazza, in passato si è sempre cercato di accellerare le cose. Tempo al tempo: ci sono passaggi che non possono essere saltati e altri che non vanno accorpati».

Ma gestire una società calcistica è tanto più difficile rispetto ad una realtà pallavolistica?

«È tutto molto più vasto. Pensate alle rose: nella pallavolo il roster è composto da 12- 13 giocatori e con quelli si fa tutta la stagione. Nel calcio devono essere come minimo 22, senza tenere conto degli eventuali innesti. Nel calcio, senza un direttore sportivo di livello, non si va da nessuna parte».

Si parla di fusione in questo periodo. Lei come la vede?

«Molto difficile. Da quello che leggo non sarebbe una vera e propria fusione ma, più semplicemente, il Trento ingloberebbe le altre realtà. Ripeto: molto difficile». (d.l.)

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