l’analisi

Studenti trentini e Dad: il disagio fra troppi social e disturbi dell’umore

In 1.523 hanno risposto al questionario della Consulta dei genitori. E il quadro fa riflettere: c’è chi ha visto migliorare il rendimento ma molti hanno avuto conseguenze negative come rabbia, tristezza e disturbi del sonno 


di Fabio Peterlongo


TRENTO. Mancanza di ascolto da parte delle istituzioni scolastiche e dei canali ufficiali di sostegno psicologico presenti nelle scuole. Timore diffuso sul peggioramento della qualità della propria istruzione a causa della didattica a distanza. Sovraesposizione a social-network e internet e disturbi del sonno, dell’umore e dell’appetito.

Sono alcuni dei segnali preoccupanti contenuti nelle risposte al questionario redatto dalla Consulta provinciale dei genitori insieme all’Ordine degli psicologi, a cui hanno risposto 1523 studenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado in Trentino. Distribuito a fine maggio, le risposte fanno riferimento al vissuto degli studenti (tra 11 e 20 anni) nell’anno compreso tra la primavera del 2020 e quella del 2021.

LA “DAD” PREOCCUPA. Dai dati, che non distinguono tra licei, istituti tecnici e scuole professionali, emerge la fotografia di una platea studentesca quasi spaccata a metà tra chi ha retto bene alla “dad” e chi invece l’ha sofferta. Il 59,9% degli studenti ha dichiarato di considerarsi complessivamente soddisfatto della propria esperienza scolastica, contro il 40,1% che dichiara la sua insoddisfazione.

Sotto il profilo del rendimento scolastico, per il 58,3% esso è rimasto stabile, mentre per il 14,5% è persino migliorato. Per il 22,4% degli studenti il rendimento è peggiorato, mentre per il 4,8% esso è addirittura crollato.

Rivelatrice è la “profezia” degli studenti in merito a cosa accadrà alla qualità della loro preparazione scolastica: il 44,1% degli studenti si dice convinto che essa andrà incontro ad un peggioramento qualitativo, mentre per il 40% resterà stabile e per il 14,2% addirittura migliorerà.

Probabilmente questo dato, aggregato tra licei, istituti tecnici e scuole professionali, non rivela il fatto che a essere maggiormente penalizzati dalla “dad” sono gli studenti che fanno affidamento sulle attività laboratoriali: gli studenti delle professionali in particolare, che difficilmente possono aver compiuto “a distanza” le esperienze pratiche, mentre per gli studenti impegnati in percorsi più teorici lo studio a distanza può essere abbastanza agevole.

GLI EFFETTI PSICOLOGICI. Un elemento spicca con evidenza: solo il 12,4% degli studenti ha indicato di non aver patito nessuna difficoltà dal punto di vista psicologico nel corso dell’anno. Appare quindi evidente che la pandemia ha avuto un impatto indiscutibile e “di massa” sullo stato psicologico dei ragazzi.

Significativo è il dato relativo alla percezione di generici “pensieri negativi”, diffusi nel 39,5% degli studenti. Ma è preoccupante che questi “pensieri negativi” siano stati riconosciuti dai genitori solo in un terzo dei casi. Probabilmente la pandemia ha esacerbato quella capacità, tipicamente adolescenziale, di covare intimamente le proprie angosce nascondendole agli adulti.

Nel dettaglio, il 60,7% degli studenti indica una maggiore stanchezza, il 53,9% ha sperimentato una maggiore difficoltà di concentrazione, il 61,3% una diminuzione della voglia di studiare.

Il 46,9% ha riportato maggiore agitazione, ansia e insicurezza, il 37,3% maggiore tristezza, il 34% preoccupazione per la salute dei propri cari, il 33,8% una maggiore irritabilità e rabbia. Il 33,3% ha vissuto maggior isolamento e il 36,1% ha vissuto un senso di solitudine. Il 34,3% degli studenti riporta di aver trovato rifugio nel virtuale. Il 27,9% degli studenti ha riportato difficoltà ad addormentarsi, il 27,3% lamenta un calo o un aumento dell’appetito. Sensi di colpa o di vergogna in circa uno studente su dieci.

CHIEDERE AIUTO È DIFFICILE. Per quanto riguarda la propensione degli studenti a chiedere un aiuto ad adulti ed esperti, un dato spicca: solo il 2,8% ha chiesto un supporto allo psicologo della scuola e solo un minuscolo 1,7% riferisce d’essere stato accolto da questa figura, probabilmente a causa delle prevedibili limitazioni logistiche.

Il dato può dimostrare la scarsa diffusione che questo servizio ha nelle scuole o comunque la scarsissima attrattività dei canali ufficiali di sostegno psicologico verso gli studenti. Anche gli insegnanti non sembrano rappresentare un punto di riferimento nella stragrande maggioranza dei casi: solo il 9,6% dei ragazzi ha percepito gli insegnanti come figure di supporto e solo il 4,1% ha chiesto loro aiuto.

Nel 36,7% dei casi gli studenti si sono sentiti poco riconosciuti e sostenuti nei loro bisogni emotivi nel contesto scuola, addirittura per il 25% degli studenti la scuola non è riuscita per nulla a dare ascolto.

Ad andare per la maggiore sono stati i canali di sostegno informali, come famiglia e amici: secondo gli studenti, le persone più capaci di intercettare le loro difficoltà sono stati i genitori (o altri adulti significativi) nel 60,5% dei casi, seguiti dagli amici nel 40,6% dei casi. Anche qui torna la capacità degli adolescenti di mascherare i propri stati d’animo: il 30% afferma che nessuno si è accorto delle difficoltà incontrate e il 37,5% dichiara di non aver richiesto alcun aiuto. Solo il 6,4% degli studenti ha sentito un elevato riconoscimento dei suoi bisogni nel contesto scuola.

LA SOCIALITÀ AI TEMPI DEL COVID. Un dato appare inaspettato: in un anno in cui la virtualità è stata la nuova normalità delle relazioni, per il 17,5% degli studenti la voglia di stare in compagnia dei coetanei in presenza è diminuita. Durante la riduzione della didattica in presenza il 59,3% degli studenti ha provato disagio per l’impossibilità di incontrare fisicamente gli amici: nel corso dell’intero anno il 38,2% degli studenti riferisce di aver potuto mantenere poche relazioni amicali in presenza e l’8,4% non ha potuto mantenerle per nulla.

Al contempo il 21,4% dei ragazzi ha dichiarato di aver perso la voglia di socializzare online con i compagni. Percentuale simile al 17,8% che ha dichiarato di non aver incrementato le ore di permanenza su internet. Percentuali non trascurabili che mostrano come per una parte di quella “generazione Z” tacciata spesso di essere dipendente dalle tecnologie, “il troppo stroppia”.

Insomma, si può ipotizzare che tra i giovanissimi ci sia questo “zoccolo duro” di insofferenti del web, che passa inosservato. Costoro devono aver patito l’isolamento online retto meglio da altri più “resilienti”. Ma è comunque una tendenza minoritaria: complessivamente l’utilizzo di social-network e videogiochi è aumentato nel 76,3% degli studenti e il 17,8% ha incrementato la sua fuga nel virtuale di più di tre ore al giorno.













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