Scuola

Gli studenti del Tambosi diventano scrittori: tra il Decameron e Meet (e la pandemia)

Un interessante progetto di scrittura creativa all’Ite Tambosi di Trento diventa un vero e proprio libro edito da Erickson. Ecco uno dei 22 racconti



TRENTO. È uscito il libro pubblicato dalla classe 5SA dell’Istituto Tecnico Economico Tambosi di Trento “Se il Decameron va su Meet. Novelle e storie del Coronavirus” curato dalla docente di Lettere della classe, professoressa Sara Losa, edito dalla casa editrice Erickson e interamente scritto da 22 ragazzi, che hanno vestito i panni degli scrittori.

L’autore di questo libro non è uno scrittore, non è un professore e nemmeno un adolescente prodigio: è una classe intera dell’Istituto Tecnico Economico “A. Tambosi” di Trento. Un gruppo di 22 ragazzi, ormai giunto alle soglie dell’esame di maturità, che nel corso dell’anno scolastico 2019/20 hanno affrontato una pandemia e la famigerata Dad, trovando così lo spunto per questo romanzo di racconti.

Prendendo le mosse da un esercizio di scrittura creativa, all’interno del modulo di Letteratura dedicato al Decameron di Boccaccio, proprio come i dieci novellatori trecenteschi, ragazzi e ragazze dell’ITE “A.Tambosi” di Trento hanno creato 22 racconti focalizzati sul periodo di Covid e quarantena, partendo da tematiche a loro affini (l’amore, l’amicizia, lo sport, la scuola al tempo del Covid).

Quello che ne è uscito è più di un esercizio di scrittura e di un compito a casa: è un’autentica e originale testimonianza di un periodo storico vissuto e riletto attraverso lo sguardo degli adolescenti, protagonisti prima e scrittori poi.

Il libro è stato caricato ed è acquistabile sul nuovo sito di EricksonLive: https://www.ericksonlive.it/prodotto/espressione-catalogo/se-il-decameron-va-su-meet/, inserito in homepage, e a breve verrà segnalato sulla pagina ufficiale Erickson di Facebook https://www.facebook.com/EdizioniErickson.

Di seguito pubblichiamo uno dei brani presenti sul libro, “Storia di solidarietà”.


di Chiara Spada

Questa è una storia di solidarietà. È una storia che parla di come gli umani riuscirono a trarre il meglio da una situazione disastrosa e di come, insieme, riuscirono a sostenersi l’un l’altro.

Era l’alba del lontano 2020 e, dopo un inverno quasi senza neve e un capodanno da urlo, il Coronavirus era ancora molto distante dai pensieri dei terrestri. Almeno di quasi tutti i terrestri, perché se ci spostiamo dove tutto ha avuto inizio, ovvero in Cina, la situazione era già piuttosto critica.

Tutto il mondo a dire la verità l’aveva preso sottogamba, ma per non seminare il panico — giustamente. Ma verso fine febbraio tutto si fece molto più preoccupante.

La gente era spaventata, perché non si sapeva quasi nulla.

Quanto è pericoloso questo virus? Da dove è nato? Qualcuno si sta preoccupando della nostra protezione?

Era solo l’orizzonte degli eventi. Quando arrivò il fatidico annuncio della quarantena, sembrò cadere tutto a pezzi. Quei primi programmi per l’estate, i vestiti più leggeri appena tirati fuori, le serate più belle: in un istante si bloccò tutto e la vita per un po’ si mise in pausa. Il vero problema però era il numero di morti che aumentava costantemente.

Pure Mary, che la morte l’aveva sentita nominare poco, aveva iniziato a preoccuparsi in quei giorni.

Lei stava a Genova con i suoi genitori. Abitavano verso la periferia, nelle zone di Castelletto.

Era da giorni che si chiedeva perché la signora Claudia, che abitava nell’appartamento di fianco al loro, non andasse più a trovarli. Forse si preoccupava del contagio e preferiva non vedere nessuno.

Mary era praticamente cresciuta con lei, i suoi genitori c’erano poco e per questo la portavano sempre a casa dell’anziana signora che se ne prendeva cura. Viveva da sola con il suo cane, che inaspettatamente si chiamava Gatto.

Ma tra Mary e Gatto c’era sempre stato un rapporto di profonda amicizia, erano come migliori amici.

La signora le aveva raccontato che molti anni prima il suo fidanzato, che aveva conosciuto da molto giovane, si era arruolato ed era partito per l’Iran.

Il tempo passava e loro rimanevano distanti.

Le disse che aveva come compagno un cane antimina di nome Cane (per fare in modo che tutti i soldati ne ricordassero il nome durante le missioni), ma che il fratello, inevitabilmente Gatto, aveva problemi alla zampa posteriore e che perciò non era adatto a quel lavoro.

Quindi, aveva chiesto a un collega pronto per il congedo di portarlo alla sua amata a Genova, dicendole che così avrebbe avuto qualcuno con cui condividere la sua nostalgia e che presto si sarebbero riuniti tutti e quattro.

Purtroppo, passavano gli anni, e Claudia era stufa di aspettare: decise di continuare per la sua strada e lasciarsi tutto alle spalle. Così passò la sua vita crescendo Mary e invecchiando insieme a Gatto.

Mary era sempre più preoccupata, aveva chiesto ai suoi genitori di chiamare l’ospedale e chiedere se fosse ricoverata lì.

Tristemente era arrivata la notizia che sperava di non dover mai sentire.

Per Mary era stato un brutto colpo.

Ma dopo si era chiesta dove fosse Gatto e sbirciando dalla finestra l’aveva visto lì da solo. Chissà da quanto tempo non mangiava.

Si era fatta aprire la porta dal custode e lo aveva portato a casa sua per dargli da mangiare. I suoi genitori si erano arrabbiati moltissimo: suo padre era allergico e le aveva detto di portare subito quel cane fuori da casa. Mary non sapeva che fare, non poteva abbandonarlo per strada, ma neanche tenerlo lì. Così aveva preso una decisione assurda ma che le sembrava giusta per la signora Claudia.

Le aveva sentito dire che il vecchio fidanzato era tornato dopo 25 anni dall’Iran ed era andato a stare nella vecchia casa che aveva a Genova, dietro all’acquario e vicino al porto. Era decisa a portarlo lì e, se proprio lui non ci fosse stato, avrebbe portato Gatto al canile. Ma era l’ultima cosa che voleva fare.

Mary sapeva che i suoi genitori non l’avrebbero mai portata fino al porto e che da sola non le era permesso andare fino a lì. Però ci avrebbe messo solo un’oretta a piedi, quindi aveva deciso che quella stessa notte sarebbe uscita dalla finestra, avrebbe portato Gatto e poi sarebbe ritornata in tempo in modo che i suoi genitori non se ne accorgessero.

Aveva preparato uno zaino con dentro un po’ di cibo per cani preso dall’appartamento della signora, un po’ d’acqua e una loro foto da giovani che aveva trovato in un cassetto.

Come una ladra era sgattaiolata fuori da casa ed era scesa dalle scale di sicurezza, aveva messo il guinzaglio a Gatto che stava nell’atrio degli appartamenti ed erano partiti.

Schivare i controlli della polizia era stato un vero inferno, ma ce l’avevano quasi fatta. Mentre attraversava dal sottopassaggio la Via Aurelia, pensava a quella signora che era stata un punto di riferimento per lei; si chiedeva se sarebbe stata fiera di lei e Gatto che attraversavano abusivamente la città in suo ricordo e in suo onore.

Era arrivata a destinazione, aveva tirato fuori dalla tasca un biglietto stropicciato con su scritto «Lorenzo Gini». Si era messa a cercare il suo campanello.

Non se l’era immaginato così, era troppo dolce e tranquillo per uno che aveva fatto il militare. L’aveva invitata a salire e con le lacrime agli occhi si erano messi a parlare di Claudia.

Mentre Cane e Gatto finalmente si ricongiungevano.

Al termine della loro chiacchierata, si rese conto che doveva assolutamente andare o i suoi genitori si sarebbero accorti della fuga.

Ma Lorenzo aveva deciso di riportarla in macchina pur rischiando una multa. I due si salutarono mentre Mary scavalcava con il suo zainetto in spalla il cancello delle scale di sicurezza.

I giorni andarono avanti: gli umani si disperavano, poi cantavano fuori dal balcone, poi piangevano e poi ridevano.

I social erano sovraccaricati e le connessioni andavano malissimo.

La scuola si faceva in chiamata e gli abbracci con il pensiero.

Sono morte tante persone, ma dopo mesi il mondo ha cominciato a rialzarsi e si sono tutti trovati davanti agli occhi un’estate con un clima più pulito, con i delfini a Venezia e una gran voglia di stare finalmente insieme.

Gli umani hanno imparato molto da questa situazione: hanno imparato la bellezza di potersi vedere.

Questa è la storia di un virus: di morte, di solitudine e di dolore.

La storia di un cane che si chiama Gatto e di un amore che si è spento, ma non fino in fondo. Ma soprattutto è una storia di solidarietà.













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