guerra

«Voglio combattere», detenuto ucraino chiede la grazia

L’avvocato dell’uomo, in carcere a Verona, ha presentato una richiesta di grazia a Mattarella


di Marco Maffettone


VERONA. "Sono qui rinchiuso mentre nel mio paese si sta facendo la storia, l'Ucraina sta attraversando la fase più drammatica: voglio andare a combattere per difendere la mia terra". E' quanto chiesto da Stepan G., attualmente detenuto a Verona dove sta scontando una pena a 23 mesi per contrabbando di sigarette, al suo difensore, l'avvocato Alexandro Maria Tirelli che ieri ha depositato una richiesta di grazia al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

L'uomo, 34 anni, ha il passaporto sia ucraino che romeno e quindi, come è detto nella richiesta di grazia "non può accedere alla misura alternativa dell'espulsione poiché la Romania è stato membro dell'Unione Europea".

In secondo luogo "il reato relativo alla condanna risulta ostativo alla misura dell'espulsione" e il detenuto "non potrebbe, allo stato, neppure accedere ad altra misura alternativa in quanto sprovvisto di idoneo domicilio", si afferma nella richiesta avanzata al Quirinale.

"Lui è della zona di Kharkiv - spiega il suo difensore -, martoriata in questi giorni dagli attacchi russi. Sta seguendo l'evolversi del conflitto dalla cella dove è rinchiuso ma il suo desiderio è quello di potere raggiungere i suoi familiari e combattere.

Ricordo che proprio il presidente dell'Ucraina, Volodymyr Zelensky ha disposto l'amnistia per i detenuti in modo da concedergli la possibilità di partecipare alla resistenza".

Dal 24 febbraio scorso, data in cui è iniziata l'attività bellica, Stepan sta vivendo ore di angoscia anche per "l'impossibilità" di ricevere notizie aggiornate sulla situazione dei suoi familiari e in particolare se sono riusciti a mettersi in salvo e scappare all'estero sfruttando i corridoi umanitari che, tra mille difficoltà, sono stati attivati per dare la possibilità a donne e bambini di fuggire dalla guerra.

Nel chiedere la grazia il difensore afferma che la volontà del suo assistito "non deve ritenersi un mero desiderio di partecipare alla causa ucraina - è detto nel provvedimento di 4 pagine -. Al contrario, la sua partecipazione al conflitto dovrebbe ritenersi il vero e proprio adempimento di un dovere cui, al pari dei suoi concittadini di età compresa fra i 18 e i 60 anni, il mio assistito non può definitivamente sottrarsi".

Il difensore conclude affermando che il "reato per il quale è stato condannato Stepan non denota alcun allarme sociale, e la sua condotta carceraria è stata fino ad oggi irreprensibile. Consentirgli di ritornare in patria è un atto di giustizia: chiediamo al presidente Mattarella di intervenire confidando nella sua saggezza".













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