Sud America

Il Perù elegge il presidente, i timori dei peruviani in Trentino Alto Adige

Domenica 6 giugno ballottaggio tra l'attivista di estrema sinistra Castillo e la populista di destra Fujimori



TRENTO. Domenica 6 giugno in Perù si svolge il ballottaggio per le elezioni presidenziali: i due candidati sono Pedro Castillo, attivista di estrema sinistra che al primo turno dell’11 aprile aveva ottenuto il 19 per cento dei voti e Keiko Fujimori, populista di destra che si era fermata al 13. Chiunque vincerà dovrà fare i conti con un parlamento molto frammentato ed una crisi politica iniziata molto tempo fa: il Perù, infatti, ha avuto ben cinque presidenti negli ultimi cinque anni.

E ad essere preoccupati per il risultato del ballottaggio – comunque esso vada - sono pure i peruviani residenti in Trentino Alto Adige che sono  un migliaio.

A farsi portavoce personale della paura del dopo ballottaggio è Dario Ferrari, figlio di Dario Ferrari da Pinzolo e di Carlotta Luisa Sicheri da Stenico. La famiglia discende dai nonni pure loro dalla val Rendena, arrivati a Lima, dopo un lungo peregrinare nel 1927. “Si stava bene, il Perù era davvero un posto meraviglioso,

famoso nel mondo oltre che per le sue ricchezze minerarie anche per la sua cucina, che richiamava gli industriali da tutto il Sudamerica. Poi le cose, pian piano sono cambiate e tra un arresto ed un suicidio, tra una speculazione ed un raggiro, tra una truffa ed una falsificazione di documenti per dimostrare di essere peruviani, si è arrivati al ballottaggio di domani”.

“Il Perù, spiega Dario Ferrari, 60 anni, di professione consulente turistico, era una meta molto ambita ma poco dai trentini che preferivano l’Argentina, il Brasile, il Cile; alla fine dell’800 in Perù i nostri conterranei erano in totale i componenti di una decina di famiglie e tanti discendenti, un po’ alla volta, sono rientrati in Trentino Alto Adige”.

I due contendenti al ballottaggio presidenziale 

Castillo ha 51 anni, è un ex insegnante ed è a capo del partito Perù Libero, di ispirazione marxista. Ha impostato la sua campagna elettorale sostenendo che queste elezioni fossero una lotta di classe tra ricchi e poveri, e dicendo che se verrà eletto eliminerà le disuguaglianze nel paese. Tra i suoi obiettivi ci sono espandere il controllo statale sull’industria e nazionalizzare le attività di estrazione mineraria, tassando di più gli investitori stranieri e facendo investimenti nella scuola e nella sanità.

Fujimori, leader del partito populista di destra Forza Popolare, ha 46 anni ed è nota soprattutto per essere la figlia di Alberto Fujimori, che a sua volta fu presidente del Perù dal 1990 al 2000, governandolo in maniera estremamente autoritaria. È la terza volta che Keiko Fujimori si candida presidente: lo aveva già fatto nel 2011 e nel 2016, perdendo entrambe le volte. Fino al maggio del 2020 era stata in carcere con l’accusa di riciclaggio di denaro (lei si era definita una vittima di persecuzione politica): ha detto che se verrà eletta libererà il padre, che è in carcere con una condanna a 25 anni per corruzione e per sistematiche violazioni dei diritti umani compiute durante la sua presidenza.

Gli osservatori non si aspettavano che né Castillo né Fujimori sarebbero arrivati al ballottaggio. Fino a poche settimane fa i sondaggi davano Castillo in discreto vantaggio sulla rivale ma secondo diversi sondaggi citati dal Pais, nell’ultimo mese Fujimori avrebbe recuperato il distacco ed attirato gran parte degli elettori indecisi, soprattutto per via di un evento in particolare, successo il 23 maggio scorso in un piccolo centro circa 300 chilometri a est della capitale Lima. Quel giorno 16 persone sono state uccise in un attacco attribuito al gruppo terroristico di estrema sinistra Sendero Luminoso, un’organizzazione nata in Perù nel 1980, di ispirazione marxista, leninista e maoista, che vuole instaurare nel paese un regime

rivoluzionario contadino comunista. Le forze armate peruviane hanno detto di aver trovato accanto ai corpi diversi opuscoli che diffidavano dall’andare a votare nel ballottaggio ed erano firmati dal Comitato centrale del Partito comunista militarizzato del Perù, che è una fazione di Sendero Luminoso.

Detto per inciso, il Perù ha cambiato i criteri con cui registra il numero di persone morte a causa del coronavirus ed è diventato il primo paese al mondo per morti per abitante per il Covid-19, secondo le stime della Johns Hopkins University di Washington, che fornisce un conteggio aggiornato in tempo reale sui casi individuati in tutto il mondo. Il numero di morti – ad inizio giugno - è passato da 69.342 a 180.764; significa più di 500 morti ogni 100 mila abitanti.













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