Il caso

Accoglienza migranti: lo scandalo della cooperativa gestita dalla moglie del deputato Soumahoro, ora ai domiciliari

In arresto Liliane Murekatete, moglie del deputato Soumahoro, assieme alla suocera del parlamentare. Devono rispondere di frode e bancarotta fraudolenta. Al centro dell’inchiesta la gestione della Karibu di Latina



ROMA.  Liliane Murekatete, la moglie dell’onorevole Aboubakar Soumahoro, è stata arrestata nell’ambito delle indagini sulle cooperative per l’accoglienza dei migranti che erano gestite dalla donna e dalla sua famiglia. La Procura di Latina, infatti, ha ipotizzato i reati di frode nelle pubbliche forniture, bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione e auto riciclaggio.

La donna è stata messa agli arresti domiciliari nella casa che divide con il deputato a Casal Palocco. Così è andata anche alla suocera dell’onorevole, Marie Therese Mukamitsindo, che vive a Latina. Il cognato Michel Rukundo, invece, ha l’obbligo di dimora a Carpeneto, in provincia di Alessandria. Per quanto riguarda i primi tre indagati e un altro cognato dell’onorevole, Richard Mutangana (ora all’estero) sono stati sequestrati beni per circa due milioni di euro. 

La famiglia di Liliane Murekatete si occupava da anni di ospitalità ai richiedenti asilo e ai minori non accompagnati. Nell’occhio del mirino ci sarebbero la coop Karibu e il Consorzio Aid, in quanto circa un anno fa era emerso il mancato pagamento dei lavoratori, oltre alle pessime condizioni igienico sanitarie in cui erano costretti gli ospiti delle cooperative. Ma non solo: gli enti gestiti dalla moglie del deputato, avrebbero accumulato negli anni maxi debiti con il Fisco, al punto che il Ministero delle imprese e del made in Italy ha inviato un ispezione e infine ha deciso di staccare la spina alle due realtà.

Il risultato delle prime indagini, approdate in misure interdittive e sequestri per reati fiscali, è risultato oggi nell’ordine del gip del Tribunale di Latina di arresto per i membri del CdA della Karibu e di sequestro preventivo a fini di confisca di quello che è considerato il profitto del reato.

Per gli inquirenti, infatti, le cooperative coinvolte avrebbero percepito ingenti fondi pubblici destinati a progetti o piani di assistenza per i richiedenti asilo e i minori non accompagnati, “fornendo tuttavia – come precisa il procuratore capo di Latina, Giuseppe De Falco, in una nota – un servizio inadeguato e comunque difforme rispetto a quello pattuito”.

Ma cosa significa nella pratica? I problemi che sono stati riscontrati nelle strutture riguardano il sovrannumero di ospiti, sistemati in alloggi fatiscenti con condizioni igieniche precarie, assenza di derattizzazione e deblattizzazione, riscaldamento assente, così come l’acqua calda, cattiva conservazione del cibo, umidità e muffe e pochi vestiti.

L’Italia, quindi avrebbe pagato per accogliere i migranti, ma in realtà le cooperative dei familiari di Soumahoro, stando alle indagini svolte, li avrebbero lasciati senza cibo, con pochi vestiti e al gelo. 













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