Occhi blu e viola, quel punto focale del grande amore

Non c’erano pannoloni e sedie da spingere ma case campagne, gente estate e inverni “Buongiorno Giovanni”


Alice Manfredi


Oggi è un giorno buono. Hai gli occhi svegli. Il sorriso con la bocchina tirata. I riccetti corti ordinati. Per anni i tuoi capelli di bianchi cerchietti precisi mi hanno fatto pensare a una pecora del presepe. Non credo di avertelo detto mai.

"Matilde" esclami.

Gli occhi ti si velano un po', però il luccichio allegro prevale. Intuizione giusta: è un giorno buono. In giorni come questi la sedia con le ruote non mi spaventa. E nemmeno tutto il sistema di flebo, pastiglie e altri aiutanti di cui la tua vita ha bisogno.

Mi siedo vicino a te e ti bacio. Ti piace. Lo so. Io sono timida. I gesti affettuosi in pubblico mi imbarazzano. Mi mettono a disagio anche quelli fatti da altri. Figuriamoci se tocca a me. Ma qui è diverso. In questo luogo un po' di follia non fa certo scalpore. Posso concedermi la mia fragilità. O debolezza? Forse dolcezza. Qualunque cosa sia questa forza che mi spinge a coprirti il viso di baci, fa bene. Fa bene spogliarsi per qualche ora della corazza razionale che mi ripara all'università o al lavoro nello studio. E anche dagli amici per essere sinceri.

"Nonna come stai?" Domanda di rito. Nulla di speciale. Ma è una leva per azionare il nostro chiacchiericcio. Conversazione di nonna e nipote. Vecchia e giovane. In giorni buoni come questi torni ad essere la mia confidente. Il contenitore inattaccabile di piccoli cose. Piccoli amori. Piccoli peccati. Qualche dubbio. Qualche timore. Sono un punto senza pretese nello spazio cosmico. Queste chiacchiere sono tutto ciò che posso offrirti. La tua anima accogliente è ciò che mi puoi dar tu. A me non serve di più.

"Questo ragazzo è bello nonna, ma..." Non finisco la frase. Tu vuoi la tua conclusione. Io ho sentito un rumore. Credo anche di sapere cos'è.

Frrrr. Frrrr. Dritto. Dritto. Ffffr. Curva.

Eccolo lì davanti alla porta aperta. Giovanni. Giovanni in tutta la sua luce. Giovanni, questi occhi blu-viola che c'hai tu, io non li ho visti mai; in nessun'altro. E tutte e due ricordiamo bene la bellezza di questo sguardo nel prima. Quando non c'erano pannoloni, cateteri, lenzuola da cambiare e sedie da spingere. Ma campagne. Case. Gente per strada. Estati e inverni.

"Buongiorno Giovanni" mi è sempre piaciuto. "Buongiorno" mi dicono la sua voce e il suo sorriso calmo. Ma il punto focale del blu-viola sei tu. Tu, povera donna, come ti dici certe volte. Tu, povera vecchia a cui non funziona più una mano, come ti dici quando sei triste. Hai ragione tu, lo sai. Sei vecchia e il tuo corpo ogni tanto si blocca. Eppure il punto focale del blu-viola degli occhi di Giovanni sei tu. "Matilde, la tua nonna Marta da giovane era una gran bella donna". Conferma: è un tuo spasimante. Tu sorridi. Appena. Con malizia. Forse pensi a quello che penso io. A Giovanni. A lui nei prati vicino alla casa dove abitavi tu e dove venivo anch'io. Per me Giovanni era la nostra passione condivisa per i papaveri.

Quelle macchie indomite mi piacevano da impazzire. Anche a lui. Quando tagliava l'erba in estate, lasciava sempre degli angoli rossi per me. Pensi a questo nonna? A che altro?

A tuo marito che, al contrario di lui, non ti guardava? A tuo marito che quando arrivavo io con la cartella non si alzava dal divano? Non pensar a questo nonna. Lascia che i pensieri molesti cadano a terra irrimediabili come perline di collana rotta.

Plin. Plin. Plin.

Torno due giorni dopo. Ci sono le sbarre. Maledette. Vorrei prendere quei listelli e frantumarli in testa al colpevole di tutto questo. Ma non so chi sia. Davvero.

Ovviamente c'è anche Giovanni. I suoi occhi son quasi grigi. Un filtro opaco trattiene la luce. Non c'è nemmeno un punto focale oggi. Il suo sguardo si perde fuori dalla finestra nel tempo uggioso. Peccato, mi è sempre piaciuto il maltempo. Il grigiore mi da serenità. Forse davvero sono nata in un giorno di pioggia. Però a te non piace. Tu sei una donna di sole. Di aria. Di luce. Tutta quest'acqua gocciola via il tuo buonumore. E la tua allegria è diventata una risorsa così precaria di questi tempi.

"Ha mangiato?" Chiedo. "No.""Vuole mangiare?" "No.""Ha provato a scendere da sola?" "Sì."

Ti accarezzo il viso e stringo la mano. E' tutto ciò che posso fare. Comprendo il tuo dolore. E non voglio fare nulla per sminuirlo. Deriderlo. Tu me ne sei grata, lo so. E mi regali un debole sorriso.

Respiri un po' a fatica. Hai il letto bagnato dal liquido della flebo. I capelli scarmigliati. Gli occhiali storti. Capelli e occhiali li aggiusto io. Per il resto devo chiamare un'infermiera.

Frrrr. Frrrr. Dritto. Dritto.

Sento alle mie spalle. Mi fermo. Ritorno silenziosa alla porta della tua stanza. Giusto in tempo. In tempo per vedere. Per imparare. Cos'è questa storia dell'amore.

L'amore è un vecchio su una sedia a rotelle. Un vecchio che fa forza sulle braccia perché le gambe hanno ceduto. Un vecchio che bacia una vecchia dagli occhi tristi. Tristi. Ma infinitamente grati.













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