Riforma Bcc, c’è chi è pronto al ricorso 

I 18 soci della Rurale di Rovereto che hanno votato contro il gruppo si sono rivolti al professor Onida per andare fino alla Consulta



TRENTO. Sono ore febbrili, queste, per il futuro dei gruppi nazionali di credito cooperativo. Mentre le singole casse rurali stanno procedendo con le assemblee per approvare il nuovo statuto compatibile con l’adesione al gruppo guidato da Cassa Centrale, a Roma stanno avanzando gli emendamenti al Decreto fiscale che potrebbero cambiare tutto. Già stasera potrebbero essere discussi in commissione Finanze al Senato. E, intanto, c’è già chi sta preparando il ricorso contro la riforma del credito cooperativo. Ad esempio i 18 soci della Cassa Rurale di Rovereto che hanno votato contro il nuovo statuto, guidati dalla commercialista roveretana Debora Pedrotti, si sono rivolti al costituzionalista Valerio Onida, già presidente della Corte Costituzionale. L’obiettivo è quello di presentare ricorso al giudice ordinario contro la legge Padoan entro breve tempo e poi di arrivare alla Consulta. «Secondo quanto già prospettato dal professor Onida - spiega Debora Pedrotti - ci sono vari profili di incostituzionalità, ma il maggiore è quello della violazione del principio costituzionale di libertà di associazione. Con questa riforma è impossibile per una singola banca uscire dal gruppo bancario cui aderisce, ma è impossibile uscire anche per un singolo socio». Già un ricorso è stato presentato dalla Raffeisen di Aldino e la speranza di chi è contrario ai gruppi bancari nazionali è che la strada giudiziaria arrivi a smantellare la riforma. Ma questa non è l’unica strada che i contrari ai gruppi nazionali intendono battere. L’altra strada è quella parlamentare. Sono già stati presentati vari emendamenti al Decreto fiscale che fa parte della manovra finanziaria. A presentarli il senatore trentino Andrea de Bertoldi, ma anche un big della maggioranza come il presidente della commissione Finanze del Senato, l’economista leghista Alberto Bagnai. Gli emendamenti, se approvati, stravolgerebbero la riforma del credito cooperativo. In commissione se ne discuterà oggi, ma già ieri sera erano previsti incontri con i viceministri Bitonci e Garavaglia. Gli emendamenti mirano in primo luogo a far saltare l’obbligo di adesione a un gruppo bancario nazionale in capo a ogni singola banca di credito cooperativo. Proprio l’obbligo è il caposaldo su cui si basa la riforma. Gli emendamenti, sia quello di Bagnai che quello di de Bertoldi, mirano a dare una scelta alle singole casse rurali o Bcc che, se la modifica dovesse passare, avranno l’alternativa tra l’aderire a un gruppo nazionale, quello guidato da Cassa Centrale banca per il Trentino, e il fondo di garanzia, sul modello di quanto si fa in Alto Adige. Il fondo di garanzia altro non è che una specie di «assicurazione» che copre le singole banche nei confronti dei clienti e creditori. La formula già individuata in Alto Adige è quella dell’Ips. Gli emendamenti prevedono di far slittare di un anno l’adesione, in modo tale che le banche possano valutare bene gli strumenti a disposizione o possano anche individuarne altri. de Bertoldi spiega i vantaggi del Fondo di garanzia: «L’Ips non sarebbe vigilato dalla Bce, ma dalla Banca d’Italia e questo assicurerebbe una maggiore territorialità delle banche. Con la creazione del gruppo nazionale, invece, si verrebbero a creare dei gruppi nazionali uguali alle banche commerciali e il risultato sarebbe che il territorio perderebbe entro breve tempo il controllo. Il Fondo di garanzia, invece, non dovrebbe sottostare alle direttive della Bce sulla riduzione del cost incom o della quota di Npl, i crediti non performanti. E questo permetterebbe una maggiore territorialità». Ma il condizionale è d’obbligo perché c’è anche chi promette battaglia in difesa della riforma come la senatrice Donatella Conzatti: «Mettere in discussione adesso la riforma non ha senso. Sono stati spesi milioni di euro, è stato fatto un lungo percorso, sono state trovate soluzioni. Non si può bloccare tutto».

Un altro emendamento prevede la riduzione dei membri del Cda della capogruppo da 10 a 3, di cui solo 2 espressione del mondo cooperativo. Questo potrebbe voler dire che il Trentino potrebbe avere al massimo solo un componente del cda oppure potrebbe anche non averne, visto che il sistema Trentino ha meno del 30% di Cassa Centrale.(u.c.)













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