La cantina LaVis rilancia la Schiava

E’ già stata chiesta la sottozona per valorizzare i vini della valle di Cembra. Si punta a un mercato di consumatori giovani


di Carlo Bridi


TRENTO. «Vogliamo rilanciare la “Schiava”, un vino leggero, a bassa gradazione che è molto in linea con le mode attuali e del quale la nostra cantina era grande produttore», dichiaravano in un’intervista prima dell’assemblea prevendemmia il presidente della Cantina Lavis Matteo Paolazzi e l’a.d. Marco Zanoni. Abbiamo voluto approfondire questa notizia sia con loro che con tecnici e amministratori.

«Abbiamo chiesto la sottozona Valle di Cembra come Cantina Lavis - dice il presidente Paolazzi - in quanto vorremmo che i vini di questa valle potessero fregiarsi della loro zona, e in questa ottica prevediamo di valorizzare oltre ai classici Muller Thurgau e Pinot Nero, anche la Schiava, vitigno storico della valle. Il problema della sottozona è già stato affrontato all’interno del Consorzio Vini dalla Commissione Tutela e sarà approfondito dopo la vendemmia. Il nostro obiettivo, afferma il presidente, è quello di arrivare a un “Trentino Superiore Cembra” marchio del quale potranno fregiarsi tutti i vini di qualità superiore, oltre il Muller Thurgau e il Pinot Nero, anche la Schiava per la quale puntiamo con il nostro progetto ad avere una gamma completa di prodotti. Per noi è molto importante - prosegue Paolazzi - sviluppare questo prodotto come prodotto di nicchia supportato oltre che da un preciso disciplinare anche da un’attenta azione di marketing che porti alla valorizzazione di questo vino che deve trovare il suo spazio fra gli autoctoni essendo stato il vino della Valle di Cembra dov’è ancora presente seppur in piccole quantità. Commercialmente è un vino che ha il suo mercato, ha il suo fascino come vino fresco, leggero di bassa gradazione alcoolica, un prodotto che può piacere ai giovani. Per questo la nostra Cantina vuole valorizzarlo sia puntando sulla qualità che su un’adeguata remunerazione». Luca Rigotti presidente della commissione tutela del Consorzio, interpellato mentre si trova sotto le pergole a vendemmiare un ottimo Chardonnay dei suoi vigneti a Mezzocorona, ricorda che il problema della sottozona Val di Cembra è stato affrontato in commissione, dove dovrà ritornare per un approfondimento, sarà quella l’occasione per la Lavis di presentare compiutamente il progetto.

Secondo Antonio Patton, tecnico storico della Valle di Cembra da oltre 30 anni prima con l’Esat e poi con la Fondazione Mach, oggi la Schiava è molto richiesta perché la produzione è bassissima, di fatto ci sono solo vecchi impianti, rimasti peraltro in zone vocate. Il problema del suo rilancio secondo Patton, è innanzitutto economico, oggi le zone vocate a questo vitigno sono esattamente quelle vocate a Chardonnay, un’uva che viene pagata sempre molto più della Schiava, inoltre il disciplinare della Doc, prevede per lo Chardonnay una produzione ettaro di 10 quintali superiore a quella della Schiava. Certo, non si tratterebbe di mettere a dimora il vecchio clone 43 di San Michele, molto produttivo ma con l’uva che restava rossa, ma il clone 40 che dà dei vini di ottima qualità, la produzione è inferiore, ma non è adatto alle zone alte, ma solo alle colline dove c’è lo Chardonnay.

Ottimista l’assessore Tiziano Mellarini: «Tutte le iniziative che vanno nella direzione della valorizzazione dei nostri vini legate al territorio, sono benvenute e vanno incoraggiate se puntano ad un salto sul fronte della qualità, afferma l’assessore, che prosegue: evidentemente se la Lavis ripropone questo vino che è stato, fino all’avvento del Muller Thurgau, il vino quasi principale della valle di Cembra, avrà fatto i suoi conti anche dal punto di vista commerciale. Mi pare che i vini rosati, leggeri, con un forte legame al territorio dove sono prodotti, stanno diventando di moda, per cui bene fanno coloro che vogliono cogliere questa opportunità».













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