Il paese di 30 residenti che s’infiamma per le elezioni

Morterone è un micro cosmo politico sulle montagne di Lecco. Ma proprio micro: è il più piccolo comune d’Italia. Appena 30 residenti all’anagrafe, ma sono solo dieci gli abitanti stabili. Altro...


Paolo Tessadri


Morterone è un micro cosmo politico sulle montagne di Lecco. Ma proprio micro: è il più piccolo comune d’Italia. Appena 30 residenti all’anagrafe, ma sono solo dieci gli abitanti stabili. Altro record: è il comune in cui il sindaco è stato eletto con il minor numero di voti d’Italia: appena quindici. Ma le dinamiche locali non hanno nulla da invidiare a quelle italiche della politica.

Da queste parti quasi tutti si chiamano Invernizzi di cognome, come il sindaco, Antonella Invernizzi, insegnante, al suo terzo mandato, primo cittadino dal 2009. Che non intende ricandidarsi nel 2021.

Nel 2009 ci fu una ressa di 32 candidati a duellare per il consiglio comunale, di fatto tutto il paese in gara, in pratica una battaglia fra parenti. Una guerra tra Invernizzi che non si placò nemmeno a urne chiuse e che culminò con le elezioni anticipate del 2011. Un anno prima, infatti, a dicembre 2010, fu presentata una mozione di sfiducia contro il sindaco, che dovette lasciare l’incarico. Ritentò e prese 16 voti, il 53,3 per cento e fu rieletta. Appagati i famelici Invernizzi e placata la diaspora paesana? Non proprio. Dopo cinque anni, neanche il sindaco uscente voleva ripresentarsi, poi la ricandidatura e la riconferma, ma i voti da 16 erano passati a 15. Ma nessuna lista concorrente e “Vivere Morterone” del sindaco fece l’en plein. Sempre con il 53,3 per cento. Ma veleni, rancori e divisioni continuavano a correre fra le case di Morterone. Infatti, alla vigilia delle elezioni un raid vandalico contro l’auto di Antonella Invernizzi: tagliate le quattro gomme della vettura. Una comunità tascabile, boschi meravigliosi, alle pendici del monte Resegone ma ancora colma di personalismi.

Invernizzi rivendica con orgoglio i suoi tre mandati: “Abbiamo un bilancio di circa 200mila euro, denaro insufficiente per garantire i servizi base alla popolazione di Morterone che non conta solo i pochi residenti ma vanno considerati anche i tanti turisti e possessori di seconde case, 400 persone che in estate sono fisse in paese. Inoltre l’impegno è totalizzante perché in Comune ci sono solo io: in 20 metri quadri gestisco tutti i settori, senza dirigenti o dipendenti al di fuori del segretario comunale dunque ogni cosa è responsabilità del sindaco”. Il municipio a Morterone apre solo per i consigli comunali o per eventi culturali, l’ufficio operativo è a Ballabio e solo da poco è stato possibile inserire un dipendente part time.

Inoltre, al prossimo sindaco toccherà risolvere il rebus della fusione o meno con Lecco o Ballabio, i due comuni più vicini. Ma è sempre dura parlare di accorpamento. Più di quarant’anni fa i residenti erano quasi 400. I 15 chilometri di tornanti a strapiombo della strada provinciale 63, l’unica via di collegamento tra Morterone e il resto del mondo, è stata la fortuna e la maledizione del paese. Lo ricordano gli anziani: se da un lato, negli anni ’60, ha rotto l’isolamento licenziando l’antica mulattiera che per decenni aveva unito Morterone alla valle, dall’altro la provinciale (prima sterrata e dalla metà degli anni ’70 con l’asfalto) ha accelerato la fuga dei giovani, lasciando lassù a 1.200 metri di quota solo i vecchi. Ora sono tornate un paio di giovani coppie. Ma niente scuole e niente negozi. Soltanto un bar-trattoria che insieme alla chiesa è l’epicentro della comunità. Lo spopolamento inizia ai primi del ‘900, soprattutto a causa degli insufficienti collegamenti stradali.

“Quando sono diventato sindaco per la prima volta nel 1985 — racconta Giampietro Redaelli, 75 anni, ex primo cittadino, ex Dc — era un paese fantasma. Persino il municipio inagibile per un soffitto crollato. Si era fermi agli inizi del ‘900. Eppure non ci siamo arresi. Ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo portato lassù il telefono e la televisione, costruito strade e fognature, l’acquedotto e la piazzola per l’elicottero, rimesso a nuovo il palazzo comunale, istituito lo scuolabus. Pian piano, in trent’anni abbiamo ridato linfa al paese. Tanto che oggi stanno tornando anche i giovani”. Chi rimane e chi torna affronta sacrifici e un deserto di servizi rispetto alla città, ma l’ambiente naturale è unico. Se lo si apprezza.













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