Una notte di paura e distruzione 

La commemorazione. Auditorium di Palazzo Ceschi a Borgo affollato come non mai per la serata dedicata al ricordo della tempesta Vaia che ha distrutto i boschi della Valsugana e causato la quasi esondazione del Brenta. Numeri e prospettive un anno dopo la catastrofe naturale


Marika Caumo


Borgo. La Valsugana durante e dopo Vaia. Cosa è stato e cosa sarà in futuro. Di tutto questo si è parlato lunedì sera in un auditorium di Palazzo Ceschi affollato come non succedeva da tempo. Nell’incontro pubblico “Vaia un anno dopo” organizzato dal Lions Club Valsugana, i relatori, moderati dal giornalista Massimo Dalledonne, hanno portato dati, numeri, ricordi e prospettive.

Ricordi e numeri

A partire da Stefano Montibeller, commissario forestale del Servizio foreste e fauna della Provincia, che ha raccontato i momenti dell’emergenza che ha colpito in particolare il Trentino Orientale e la prima fase della ricostruzione delle foreste: nel Distretto forestale di Borgo Vaia ha provocato 652.000 mc di schianti, calcolando una ripresa boschiva di 39mila mc annui, sono stati mandati in fumo 16 anni di tagli. Allo stesso modo nel Distretto forestale di Pergine gli schianti sono stati 860mila mc, corrispondenti a 23 annui di tagli mentre in quello di Cavalese ci sono stati 1.300.000mc di alberi abbattuti, ovvero la ripresa di 14 anni. «In Trentino complessivamente abbiamo avuto 4 milioni di mc di legname a terra, 9 anni di tagli ordinari. Sono stati devastati quasi 20mila ettari di superficie», ha aggiunto Montibeller, fornendo dati anche sulle strade forestali. Su 6.200 km di strade forestali presenti in provincia, circa 2.500 dopo la tempesta dello scorso ottobre hanno necessitato di interventi di sistemazione: sono stati realizzati i progetti di intervento per 2.460 km, di cui 1.200 sono già stati ripristinati. Numerosi i numeri portati da Montibeller, contenuti nei report e nel Piano d’azione. Per quanto riguarda lo stoccaggio temporaneo del legname caduto e quindi piazzali e depositi legname, sono di due tipi quelli che vengono realizzati: i primi sui versanti, e possono accogliere fino a 20mila mc di legname, i secondi in fondovalle, per una capacità fino a 100mila mc. I cantieri forestali in Trentino sono 552 (102 lavorano con esbosco misto) e fino ad oggi hanno già esboscato e lavorato circa 835.000mc di legname. Il Servizio foreste e fauna già lavora per la ricostruzione dei popolamenti forestali danneggiati: i semi delle piante trentine vengono portati in strutture in Austria e le previsioni parlano di 100mila alberi piantati entro il 2020, 500mila entro il 2023.

Interventi e prospettive

Silvia Consiglio, ingegnere del Servizio bacini montani, ha illustrato gli aspetti idraulici della tempesta, soffermandosi sugli interventi sul Brenta per evitarne l’esondazione. Tra i relatori anche l’antropologo Annibale Salsa, il quale ha ricordato come la calamità affrontata abbia dato anche l’opportunità di ripensare la pianificazione futura del patrimonio boschivo, gestendo e limitando l’avanzare del bosco, dando spazio ad alcune specie (larice, abete rosso e bianco…), togliendone altre (pino nero). «Bisogna puntare su una cultura del bosco diversa e migliore rispetto al resto d’Italia», ha spiegato. Infine spazio alle categorie economiche, con l’imprenditore Paolo Sandri che ha portato il punto di vista delle aziende boschive, tra mercato, prezzi (il legname trentino piace molto all’estero, Austria e Cina in particolare hanno acquistato qua) e la preoccupazione per il loro futuro quando, tra 3-4 anni, terminerà il lavoro post-Vaia e non ci saranno più riprese boschive. «O ripensiamo fin d’ora la nostra attività, non solo lavorazione del legno ma anche gestione del patrimonio boschivo, o dovremmo andare a lavorare via», ha spiegato.













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