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Zulian, l’egittologo: «Io? Un viaggiatore dell’Ottocento»

Il veterinario che fotografa i siti archeologici inaccessibili Altro che Indiana Jones. «Ma vedo cose che voi umani...»


di Paolo Mantovan


TRENTO. Sapete com’è. Ti parlano di tombe, di antico Egitto, di segreti e subito la nostra mente (affollata di immagini fast food) va a Indiana Jones. E invece, appena ti si presenta, Maurizio Zulian sembra un uomo dell’Ottocento. Di quelli che perlustrano, studiano, raccolgono testimonianze di sapienza. «Sì, sono così», conferma Zulian.

Maurizio Zulian, di professione veterinario, ha l’aria dello studioso «positivista», di quelli che credono fermamente nella scienza, si lasciano crescere i capelli e amano guardare lontano. È un vero esperto di tombe degli antichi egizi ed è di tutt’altra pasta rispetto a quegli eroi che fanno schioccare la frusta o che duellano su ponti di corda. Zulian, 65 anni, è una di quelle persone placide e regolari, ma con cuore e mente che fiammeggiano.

L’ambulatorio a Rovereto, l’abitazione ad Ala, origini fassane, Zulian, ha lavorato per anni in modo meticoloso nella cura degli animali. Ma poi, un po’ per volta, si è fatta strada una nuova passione, che ha preso il sopravvento. «È iniziato tutto con un viaggio con mia moglie nei primi anni Novanta» sorride Zulian, mentre dà una carezza al suo cane. La prima volta in Egitto? «Sì. Un po’ turista per caso. Però è scattato qualcosa. E poi - si illumina mentre tiene lo stesso tono di voce - come si può non restare affascinati? Guardi che che quella dell’Antico Egitto non è affatto una civiltà della morte come tanti credono, per via delle tombe: è che gli Egizi volevano esorcizzare la morte. E poi c’è una saggezza e una sapienza...». Dove, dottor Zulian? «In quei disegni, in quei geroglifici, nella loro letteratura...». Letteratura? «Certo. È letteratura. Di una modernità... pensi a tutti i nostri disastri economici di oggi e ascolti questo pensiero che si legge su una tomba: “Rubare in stato di necessità è azione cattiva soltanto per i ricchi”. Ahahah! Pensi che la diceva un faraone al figlio. E poi ricordi che la civiltà giudaico-cristiana ha fatto man bassa di quella cultura. È che la si conosce poco». E lei voleva conoscerla meglio, ovvio. «Sì. Sono caduto in questa rovinosa passione». Rovinosa? No, dai, la rende felice. «Sì, è vero - ride - eppure la assicuro che ci metto sempre tanto del mio, dei miei denari intendo».

Zulian è diventato un pezzo da novanta dell’egittologia. Al punto da riuscire a portare lui, da solo, con tutte le relazioni che ha costruito personalmente, il ministro della cultura d’Egitto in Trentino, anzi a Rovereto, per firmare un accordo di collaborazione che permette al Museo Civico di Rovereto di pubblicare sul sito internet le sue (di Zulian) foto scattate nei siti archeologici più straordinari e impervi, facendone un portale che promuove il patrimonio egiziano, mantenendo l’Egitto il copyright di tutte le foto. «È un affare gigantesco: per noi e per loro». Ma come è riuscito a fotografare quei luoghi, come El Hagarsa, la necropoli rupestre, verticale, abbarbicata su una falesia? «Beh, quella è stata una impresa, davvero. Ma la vera impresa è stata riuscire ad andare in così tanti siti. Un giorno Sabri Abd El Aziz, che era direttore delle Antichità Faraoniche di Luxor, mi disse: lei ha già visto tutto quello che un libero cittadino può vedere. Vuole di più? Costruisca credenziali. E lì è iniziata la fase due. E ho iniziato a tessere rapporti e a viaggiare davvero».

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Viaggiare, un verbo che è abusato. «Le spiego: io dico spesso che quando vado in Medio Egitto, lungo l’asta del Nilo, in luoghi praticamente incontaminati, dove chiedo delle cortesie e vengono subito esaudite, dove devo pazientare ma poi trovo dei paradisi senza limiti, ecco, allora dico che mi sento come un viaggiatore dell’Ottocento, di quelli che scoprivano il mondo e una parte di noi». Un privilegiato, insomma. «Certo! Chi può viaggiare così? Me lo dica. Mi dica chi in quest’epoca di massificazione». E così Zulian torna in Egitto, nel suo Ottocento, dove l’acqua c’è solo a ore, dove bisogna farsi luce in qualche modo, dove delle guardie armate controllano siti che hanno migliaia di anni. Una passione che si alimenta giorno dopo giorno. «Ora lavoro solo mezza giornata, il resto lo dedico all’Egitto». Alla ricerca delle immagini perdute.













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