Zeni: profughi, non ci sono zone franche

L’assessore e le resistenze dei Comuni ad accogliere: «Impatto sul turismo? Non lo accetto. Ognuno faccia la sua parte»


di Chiara Bert


TRENTO. Il sasso lo ha lanciato il vicepresidente della Provincia Alessandro Olivi, dal palco delle celebrazioni di Ferragosto a Malga Zonta, quando rivolto al sindaco di Folgaria ha detto: «Vediamo se possiamo trovare il modo di accogliere, anche qui, su questi altipiani, quei ragazzi che stanno fuggendo da guerra e fame. Non nasconda la testa nella sabbia per un calcolo egoistico legato al turismo».

Non si è fatta attendere la replica del sindaco Walter Forrer, che ieri ha puntualizzato anche con un comunicato stampa: «I sindaci dell’altopiano coordinati dalla presidente della Comunità di valle, avevano concertato di accettare 10 immigrati assegnati dalla Provincia. A Lavarone, grazie alla buona volontà di una famiglia, si era già provveduto ad allestire un appartamento per l'accoglienza di quattro persone, eseguendo anche lavori di ristrutturazione. Tutto ciò con l'intervento della Provincia anche in termini di sensibilizzazione. Ma il Cinformi ha poi sospeso l'invio, momentaneamente, per chiarire aspetti relativi ai servizi e alla gestione».

L’assessore alle politiche sociali Luca Zeni, che proprio nei giorni scorsi - di fronte ai numeri in continuo aumento dei richiedenti asilo inviati dal ministero in Trentino, che hanno superato quota 1300 - aveva rinnovato un appello ai sindaci ad un maggiore impegno per facilitare la risposta dei privati sul territorio, evita com’è nel suo stile di entrare in polemica diretta, ma dati alla mano osserva: «È un dato di fatto che sull’Altipiano di Folgaria e Lavarone oggi siamo a zero profughi, e così in altre zone. Quello che ha detto l’assessore Olivi è la posizione condivisa da tutta la giunta, ognuno deve farsi carico della propria quota, non ci sono zone franche. Questo è un principio di equità e la condizione per attuare quel modello di accoglienza diffusa per piccoli gruppi che abbiamo proposto, in modo da rendere più facile l’inserimento sia per i profughi sia per la comunità che li ospita». «C’è chi si è dato più da fare, anche in assenza di strutture pubbliche di proprietà comunale - incalza l’assessore - e che è rimasto più passivo». E la realtà è che oggi sono solo 40 i Comuni trentini (su 169) che ospitano immigrati.

Sul caso di Lavarone, le versioni dei sindaci e di Zeni non coincidono. I sindaci raccontano (vedi articolo in basso) che è stata la Provincia a fare dietrofront, dopo che era disponibile un appartamento di un privato per quattro persone, con la motivazione che la zona era troppo distante sarebbe stato troppo costoso trasportare i profughi fino a Trento. L’assessore spiega invece che si era ancora in una fase interlocutoria quando il privato si è tirato indietro. «Nelle zone turistiche è più difficile trovare disponibilità di alloggi, questo è un dato oggettivo», riconosce Zeni, «noi abbiamo un budget che per gli affitti è di 130 euro a persona al mese. Non poco, ma ci sono zone dove la richiesta turistica è molto alta e i privati preferiscono tenere gli appartamenti liberi».

Il caso Capalbio, con i suoi no all’arrivo di 50 profughi, ha evidenziato le resistenze dei Comuni turistici ad accogliere. «Non mi si venga a dire che è un impatto per il turismo», replica Zeni, «dire sì all’ospitalità dei profughi non è popolare per nessuno, ma se ognuno ci mette la faccia e fa la sua parte, le soluzioni diventano più facili».

L’assessore ricorda che «in Trentino le zone turistiche sono tantissime», «motivo in più - insiste - per difendere un modelli dei piccoli numeri che per noi è la strada giusta per garantire un inserimento positivo nelle comunità locali». «Vorremmo evitare di mettere cento immigrati in un’unica struttura, ma è evidente a tutti che questo si può evitare solo se tutti collaborano». Un’extrema ratio, quella dell’alloggio in alberghi, che però di fronte ai numeri potrebbe diventare l’unica soluzione, con gli albergatori che hanno subito avvertito: «Come associazione auspichiamo che si pensi a qualcosa di diverso». Ma Zeni lo ha ripetuto anche nei giorni scorsi, ricordando che 1500 profughi significano 3 ogni mille abitanti. Un carico che il Trentino è in grado di affrontare. Intanto Olivi, già sindaco di Folgaria, ribadisce: «Ho sollevato l’argomento perché conosco Folgaria e so che è una comunità capace di grande generosità. C’è una resistenza di alcune comunità, va superata».

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