Violenza sessuale, imprenditore nei guai

Il titolare di una distilleria è stato rinviato a giudizio. Una sua ex dipendente lo accusa di averla più volte molestata



TRENTO. Andare al lavoro per lei era diventata una sofferenza indicibile. Il titolare dell’azienda, una nota distilleria trentina, allungava le mani, le toccava il seno e aveva anche cercato di baciarla. Dopo un primo periodo di smarrimento, però, lei aveva iniziato a sottrarsi, a resistere alle pesanti attenzioni del titolare. Così l’atteggiamento dell’uomo è cambiato. Ha iniziato a trattarla male, a sostenere che lavorava poco e che, addirittura, si intascava dei soldi. A questo punto, la donna ha deciso di licenziarsi. E poi ha denunciato l’uomo per violenza sessuale. Ieri si è tenuta l’udienza preliminare davanti al giudice Carlo Ancona che ha rinviato a giudizio l’imprenditore con l’accusa di violenza sessuale. L’avvocato difensore, Luca Talmon, aveva chiesto il proscioglimento, ma il giudice ha ritenuto che non vi fossero elementi univoci, quindi ha optato per accogliere la richiesta di rinvio a giudizio presentata dal pubblico ministero Maria Colpani. Così adesso sarà il tribunale in composizione collegiale a decidere se l’imprenditore è colpevole o innocente. L’accusa è di quelle pesanti: violenza sessuale.

I fatti risalgono al 2010. La donna che ha presentato denuncia lavorava nel negozio della distilleria da non molto tempo. Si tratta di una donna di mezza età. Nei primi tempi il datore di lavoro la trattava con mille attenzioni. A sentire la versione della donna, anche troppo. L’uomo avrebbe iniziato ad accarezzarla e trattarla con maniere gentili. Sulle prime, la signora lasciava fare. Le attenzioni del titolare non sembravano troppo invadenti e la donna ne era anche in una certa misura lusingata. Poi, però, le cose sono cambiate.

L’imprenditore avrebbe cercato più volte di baciare la donna, poi le avrebbe toccato il seno a più riprese. A questo punto, la dipendente ha iniziato a evitare il titolare. Non gli si avvicinava e, se questi cercava di baciarla, lo allontanava anche in modi bruschi. Per questo sarebbe iniziato un comportamento vessatorio nei suoi confronti.

L’imprenditore avrebbe iniziato a dire che la donna non lavorava bene e l’avrebbe anche fatta controllare sostenendo che aveva il sospetto che si tenesse una parte dell’incasso del negozio. L’uomo l’ha anche fatta controllare. Così la donna ha deciso di licenziarsi. Poi ha chiesto all’imprenditore di essere pagata e la liquidazione. L’uomo le ha pagato anche un mese in più e poi le ha scritto chiedendole «scusa per le incomprensioni personali e lavorative». Dall’inchiesta è emerso che in due anni si sono licenziate altre donne, ma nessuna ha parlato esplicitamente di attenzioni sessuali da parte dell’imprenditore. Adesso sarà il giudice a stabilire come sono andate veramente le cose. La dona non si è costituita parte civile nel processo.

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