Violenta la moglie incinta: a giudizio

Un trentenne è accusato di tre diversi episodi. L'avrebbe anche picchiata



TRENTO. L'ha violentata tre volte minacciando di picchiarla sulla pancia per farle perdere il bimbo che portava in grembo. L'ha umiliata etichettandola con i peggiori epiteti. E l'ha segregata in casa, chiudendo a chiave ogni sera la porta della camera da letto. Ha fatto tutto questo - secondo la denuncia - a sua moglie. Lui è un trentenne a processo per violenza sessuale e maltrattamenti in famiglia. Lei - all'epoca dei fatti ventenne - ora vive lontano dalla casa dove ha subito questi soprusi. Ieri l'udienza filtro con il rinvio all'anno prossimo su una vicenda che, per come è raccontata nell'atto d'accusa della procura, fa venire la pelle d'oca.

Fa impressione la giovane età dei due ragazzi coinvolti e l'atmosfera che si respirava in quella casa. Una quotidianità tanto dura da spingere lei, poco più che ragazzina e con una vita che cresceva dentro di sè, a raccattare le proprie cose e tornare dalla famiglia d'origine. A spingere l'uomo a simili violenze sarebbe stata una gelosia furiosa che gli avrebbe fatto alzare le mani contro la donna che aveva sposato.

I tre episodi al centro della denuncia sono circoscritti fra la fine dicembre e l'inizio gennaio a cavallo fra il 2009 e il 2010. Tre stupri dove lui - oltre alla violenza sessuale pura - almeno in un caso avrebbe picchiato la moglie sulla pancia. La mano sulla bocca per impedirle di urlare la prima volta e poi i polsi ammanettati la seconda per non darle la possibilità di divincolarsi obbligandola in questo modo a subire un rapporto sessuale. Il tutto - viene scritto nel capo d'imputazione - sotto la minaccia di fare del male a lei e al bambino che portava in grembo se non avesse acconsentito a soddisfare le sue voglie sessuali. Questo per quanto riguarda l'accusa di violenza sessuale.

Per i maltrattamenti in famiglia il trentenne trentino è accusato di aver sottoposto la convivente a continue vessazioni di tipo fisico e psicologico tali da rendere non più tollerabile il fatto di dividere la stessa casa. L'avrebbe umiliata quotidianamente con insulti e con accuse di tradimento. Non solo. Le avrebbe imposto anche di stare sempre in casa e questo - a quanto pare - sempre a causa della gelosia. Sarebbe arrivato, in almeno un'occasione, a chiuderla in casa mettendo del nastro adesivo sulla serratura per impedirle qualsiasi tentativo di cercare di recuperare la sua libertà.

Questo il quadro che è stato tratteggiato dall'accusa. Una situazione arrivata a livelli di insopportabilità tali da spingere la ragazza a scappare dalla casa che condivideva con l'imputato e tornare alla sua famiglia d'origine. Dopo l'udienza filtro di ieri, la vicenda giudiziaria è stata rimandata all'anno prossimo. In quell'occasione, dunque, saranno i giudici del tribunale di Trento a dover prendere una decisione su una storia di violenze e di soprusi che stupisce per la sua crudezza.













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