Valentini, il legno fra arte e architettura

Una installazione del professionista di Tenna ha suscitato attenzione e curiosità alla fiera «Klimahaouse» di Bolzano


di Gianluca Filippi


TENNA. L’eccellenza dell’architettura tra l’eccellenza del legno. L’architetto trentino Luca Valentini è nuovamente protagonista e, stavolta, in una cornice dove brillano soltanto le buone idee, soprattutto quelle funzionali. La cornice è quella di Klimahouse di Bolzano, che si è chiusa domenica scorsa, con 400 espositori per 25 mila metri di superficie, sulla quale sono state presentate le novità nel settore dell'efficienza energetica e del risanamento in edilizia.

Ebbene, l’opera disegnata dall’architetto Valentini e prodotta con il proprio Studio X Architettura Atto d’Amore di Tenna, è stata selezionata quale miglior progetto ed evento fuori programma nell’ambito della fiera. “Abitare la natura - Natura abitata” è il nome di questa originale installazione, realizzata dalla Rasom Wood Technology, azienda di Predazzo specializzata nell’edilizia che utilizza per l’appunto il legno. Già. Il legno, ovvero una materia che si riproduce e si ricicla. Ed è il legno a diventare l’ambiente naturale in cui vivere a perfetto agio. Nell’idea di Valentini, non è lo spazio che conta, ma come questo spazio si vive. E così anche una catasta di legno diventa abitabile. Ne parliamo direttamente con lui.

Architetto Valentini, da dove parte l'idea di questa sua installazione?

«E' una metafora evocativa, dallo slancio verticale, capace di riportare l’uomo ad un gesto arcaico e contemporaneo allo stesso tempo. Ecco quindi una catasta, gesto primordiale, del fare luce. Una catasta abitata. Tronchi di abete della Val di Fassa dentro cui sono posizionati tre blocchi in pannelli di X-Lam, più un corridoio di collegamento e due scale che si avviluppano, in modo da creare un sistema continuo di attraversamento e circolazione. Si crea così un sistema che vuole raccontare della circolarità del mondo legno, unica materia autoriproduttiva riciclabile in natura. L’installazione diventa così un modello etico a km0, e, per valenza simbolica e archetipa un punto di riflessione sul mondo del legno, ed un opera di Land Art. Perché ecologia vuol dire anche discorso sulla casa, e mai come in questa epoca storica è utile e necessaria una riflessione sull’abitare».

Che tipo di riflessione?

«Ora che le tecnologie hanno permesso di smaterializzare gli elementi e stanno portando la casa verso la prestazione termo-acustica e strutturale mai raggiunta nella storia e il confort, si debba ritornare alle cose che contano, ai fondamenti. Dobbiamo trovare un linguaggio archetipo che ci parli dell’uomo e del suo essere al mondo, attraverso forme significative, cioè pregne di senso».

Lei utilizza molto il legno per i suoi progetti. Da dove nasce questo amore?

«Da quando ho ricordi, ho sempre voluto lavorare il legno. Prima con una stecca da biliardo di mio nonno materno, in legno, composta da strati, poi accarezzando ed amando un telaio ligneo di una porta in casa; per la sua funzione, per il colore e la levigatezza e precisione assumeva per me un ruolo davvero autorevole. Poi un modello di un castello in legno compensato, con mulino a vento realizzato da mio zio paterno; mi ci perdevo e mi ritrovavo. Poi tanti ricordi ed esperienze personali: dalle cataste di legna ben commensurate fatte con mio nonno Gino, ai miei primi plastici in balsa alle casette in legno di nocciuolo nei boschi quando ero piccolo, per arrivare al mio lavoro estivo come carpentiere in legno sui tetti, e per finire come assistente falegname per un paio di anni».

E perché sceglie Rasom in tanti progetti come partner costruttivo?

«Costruire è un fatto collettivo e Rasom è una squadra competente e ben affiatata; dai tecnici agli artigiani, che ogni giorno si mettono in discussione per realizzare ogni volta il progetto nel migliore dei modi».

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