«Vaia mi ha portato via Denis e ha stravolto la nostra vita» 

La tragedia. Elisa Wegher il 29 ottobre 2018 ha perso il marito Denis Magnani centrato da un fulmine a Segno Un anno dopo la tempesta che ha sconvolto il Trentino, la donna ricorda il giovane morto in ospedale dopo 5 giorni di agonia


Ubaldo Cordellini


Trento. «L’ho visto a pranzo. È uscito da quella porta e non è più tornato». Elisa Wegher ha ventinove anni e nello sguardo una tristezza infinita. I sui occhi si velano di lacrime quando parla di suo marito, Denis Magnani, morto un anno fa in val di Non, ucciso da un fulmine mentre la tempesta Vaia si stava scatenando sul Trentino. Denis, 34 anni di Segno, ha lasciato due bambini che ora hanno quattro e otto anni, Loris e Davide. «Viveva per i suoi figli. Lui era una forza della natura, sempre sorridente, sempre sereno, sempre attivo, faceva parte degli alpini e quando c’era qualcosa da fare, lui c’era sempre. Anche quel giorno era felice, me lo ha detto anche mia suocera che era sereno». Quel maledetto lunedì 29 ottobre dell’anno scorso Denis era andato con il padre, insieme al quale lavorava come agricoltore, in un piccolo baito che si trova vicino al bivio per la strada che porta a Dardine e che viene usato come magazzino. «Lui e suo padre dovevano prendere un portapellets, ma quando sono arrivati già aveva iniziato a piovere e hanno visto che c’era una perdita dal tetto. Era l’una e mezzo, circa. Mio suocero è salito su una scala a pioli per vedere quello che stava accadendo e poi ha detto a Denis di andare a prendere una tegola che era nel sottotetto, al coperto. Sono sempre stati sotto il tetto, mai sopra. Denis è andato, ma non si vedeva niente, così ha fatto per aprire la finestra per vederci meglio, ma proprio in quel momento, in un secondo, è caduto un fulmine che è entrato dalla parte opposta, ha attraversato tutto il baito e lo ha colpito gettandolo a terra. È andato in arresto cardiocircolatorio. Mio suocero ha solo visto un gran bagliore e poi ha sentito un botto, tanto che in un primo momento ha pensato a una bomba. Poi si è reso conto di quello che era accaduto. Ed è corso accanto a Denis. Lo ha rianimato per una ventina di minuti. Ha smesso un attimo per chiamare i soccorsi e per chiedere a un suo amico di guidarli fino al baito. Per il resto, non ha mai smesso di fare le manovre. Poi sono arrivati i soccorsi. Ci hanno provato anche loro per altri venti minuti. Stavano quasi per smettere quando Denis ha ripreso a respirare. Così lo hanno portato all’ospedale Santa Chiara. Ed è stato un grande regalo. Per quello ringrazio quello che c’è in cielo. Almeno abbiamo potuto dirgli addio e salutarlo. Io ho potuto stargli accanto e tenergli la mano per tutta la notte. Mio suocero mi ha chiamato, e non la dimenticherò mai quella telefonata, alle 13 e 57. Urlava e si disperava, io non capivo bene e sono corsa al baito. Quando sono arrivata, lo stavano rianimando. Non sono potuta salire al primo piano dove era lui. Quando siamo arrivati all’ospedale ci hanno detto che avrebbe vissuto un giorno. Ai miei figli ho detto che il papà si era fatto male Lui è vissuto fino al venerdì, altri cinque giorni, attaccato alle macchine, ma non ha mai ripreso conoscenza. Mio figlio più grande ha potuto vederlo è stata una scena straziante, era accompagnato dal medico e dalla psicologa. Sono stati tutti bravissimi e io devo solo ringraziare tutto il personale del reparto di terapia intensiva. Sono stati angeli. Ci sono stati vicini molto e ci hanno messo il cuore. Ci ascoltavano, consolavano, ci sostenevano. Io subito ai bambini avevo detto che si era fatto male, non mi andava di dire subito quanto grave fosse, poi il grande ha capito. Il piccolo ancora adesso è convinto che il papà è andato dalla dottoressa in cielo che lo guarisce e poi magari torna. Io adesso vivo per loro. La nostra forza sono i nostri bambini. Vedo Denis in loro e vado avanti per loro».













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