la crisi

Trivio e bar Bianco, la città che chiude

L’amarezza di Danilo Manica: «Rovereto è tornata molto indietro rispetto agli anni 80». E investire diventa difficile



ROVERETO. Sedie e tavolini sono ammonticchiati nel plateatico del Campiello del Trivio, ma dalla vegetazione che cresce rigogliosa spunta, tra le inferriate di una finestra, la scritta “vende”. E sotto il numero dell’agenzia immobiliare incaricata di portare in porto la vendita. Ma i compratori ancora non arrivano e del ristorante Al Trivio probabilmente non rimarrà che il ricordo in chi lo ha frequentato e apprezzato la cucina.

Stessa sorte è toccata ad un locale storico di Rovereto, quel bar Bianco di via Scuole che dopo oltre mezzo secolo ha abbassato definitivamente le serrande. «Guardate questa Rovereto che si sta spegnendo, questa Rovereto che sta andando molto indietro, che non ha niente a che fare con la città degli anni Settanta e Ottanta: non c’è assolutamente paragone...» afferma sconsolato Danilo Manica che dal 1989 gestiva il bar Bianco.

Un locale storico che i roveretani non più giovanissimi ricordano ancora molto bene quando, aperto dalla Sav, vendeva pane e latte, affettati e formaggi. Poi la trasformazione in bar, punto di ritrovo per caffé, brioche o pasticcini. «Ho visto crescere ragazzine diventate ora mamme se non addirittura nonne, ho visto la città trasformarsi ed ho vissuto sulla mia pelle - spiega Danilo Manica - la difficoltà nel gestire un locale con spese sempre più alte e incassi sempre più bassi: noi siamo tartassati e la gente ha sempre meno soldi da spendere. Da sei-sette anni tiravo avanti fino a che sono arrivato a prendere una decisione: e a Rovereto sicuramente non aprirò più un locale, forse mi trasferirò al lago di Garda».

E al momento non si vedono nemmeno acquirenti del ristorante Al Trivio. Guido Lorenzini, il titolare, si è visto costretto ad alzare bandiera bianca. Di «città un po' stanca» aveva parlato il titolare del ristorante in occasione dell’uscita della guida dell’Espresso del 2015 dove non figurava alcun locale della città al top delle proposte culinarie. Lorenzini aveva provato a rilanciare la ristorazione roveretana ma ha dovuto arrendersi.

«Il Borgo - spiegava - stava in piedi perché c'era una realtà industriale che è venuta a mancare. Noi dobbiamo fare i conti con vincoli di bilancio sempre più stringenti... Per emergere ci vogliono investimenti ed è difficile fare sperimentazione... Ma con un nuovo rapporto pubblico/privato e un maggior coordinamento tra le nostre realtà credo che potremmo rendere più vivace e appetibile la nostra città». Questo lo diceva nel novembre di due anni fa...(g.r.)

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