Tribunale, solennità tutta asburgica

Fu realizzato in una zona di campagna e inaugurato nel 1881 da Francesco Giuseppe. Un giardino come proscenio


di Mauro Lando


TRENTO. Inaugurato nel 1881 dall’imperatore Francesco Giuseppe, il Palazzo di Giustizia non solo ha la caratteristica di esprimere un’imponenza che suggerisce rispetto, ma, anche per questo, di avere “creato” l’antistante giardino Garzetti, oltre ad avere influito sullo sviluppo di via San Francesco. Ha quindi esercitato un ruolo non secondario nella formazione della Trento Nuova, ossia la città che dalla seconda metà dell’Ottocento è sorta fuori delle mura.

Prima che l’architetto austriaco Karl Schaden (1843 – 1914) costruisse il Tribunale e il carcere tutt’attorno ovviamente vi era solo campagna, ma l’area già era destinata a cambiare radicalmente. Risaliva infatti al 1871 il “piano di avviso dell’ Ampliamento della Città di Trento” emanato dal Comune al fine di urbanizzare quel territorio allora chiamato “Madruzza”.

L’“offerta” di spazi non ebbe molto seguito perché il Governo di Vienna decise di utilizzare quella zona per propri servizi istituzionali. Non solo vi costruì il Palazzo di Giustizia, ma tra il 1883 e il 1886 eresse le grandi caserme, ossia gli edifici che ora ospitano gli istituti scolastici di via Brigata Acqui e dintorni.

Tribunale e carcere avviarono quindi tutte quelle realizzazioni e fu probabilmente per questo che il progetto venne affidato all’architetto Schaden che era un funzionario del “Dipartimento per i grandi edifici del Ministero degli Interni”.

L’aspetto del palazzo è particolarmente complesso e caratterizzato da un ampio ingresso a vestibolo cui si accede da una scalinata, il tutto è sovrastato da un balcone delimitato da balaustre e sorretto da mensole decorate. Sulla sommità è presente un fastigio con la scritta “Palazzo di Giustizia” sovrastato da uno stemma con croce sabauda.

Le ali dell’edificio lungo via Barbacovi e via Pilati in origine erano a due piani, ma nel 1922 vennero innalzate di un piano. Un importante intervento di ristrutturazione si è avuto nel 1966 con la modifica dell’ala posteriore verso il carcere togliendo la vasta sala della Corte di Assise e costruendo un edificio di tre piani utilizzato per uffici. È ora in previsione la ristrutturazione del caseggiato del carcere destinato poi a ospitare uffici giudiziari.

Al momento della sua inaugurazione certamente il palazzo si dimostrò dotato di maggiore funzionalità rispetto alla precedente sede, ossia il palazzo Pretorio di piazza Duomo. Anche le carceri compirono un “salto di qualità” visto che prima i detenuti erano rinchiusi nella Torre Vanga.

Il Tribunale però si apriva su una strada di poco conto, quella che prima aggirava le mura, ma a fare da proscenio non c’erano neppure le mura perché tra Porta nuova e piazza di Fiera erano state progressivamente demolite tra il 1853 ed il 1878.

Fu per questo che, al fine di dare lustro al palazzo, il podestà Paolo Oss Mazzurana comperò nel 1887 un orto di proprietà di quello che ora è il Liceo Prati e lo trasformò in area verde proprio prospicente l’edificio: è il giardino Garzetti. Contestualmente fu ampliata la via antistante creando l’attuale largo Pigarelli e via San Francesco con i suoi secolari platani. Il percorso era stato pensato come inizio di una sorta di ring viennese per accompagnare la città fino a Port’Aquila.

Lungo i suoi 135 anni l’edificio ha visto al suo interno svolgersi inchieste, processi e vicende che hanno attraversato l’amministrazione della Giustizia in più sistemi politici (Impero austroungarico, Regno d’Italia, fascismo, Alpenvorland, Italia democratica) e che spesso hanno appassionato i cittadini.

Nel corso di un decennio vi è stata però anche una particolare “vita esterna”: fu quando, tra la fine degli anni Sessanta e la fine degli Settanta del Novecento, il palazzo venne spesso “assediato” da studenti o da lavoratori che solidarizzavano con imputati in quel momento a processo per reati legati ad iniziative politiche o sindacali. Nel gennaio 1971 nel giardino fu anche disinnescata una bomba che poteva fare una strage. Fu un momento difficile per Trento: il tutto ora meriterebbe una rivisitazione storica.

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