l'impegno

Trento sarà una città a misura di rider

Approvata la mozione di Zappini (Futura): analisi del fenomeno e realizzazione di spazi coperti da offrire ai fattorini in attesa


Luca Marsilli


TRENTO. Qualche tentativo è già in corso: a Bologna è nata una cooperativa, “Consegna Etica”, che tenta di proporre lo stesso servizio uscendo dalla giungla del precariato più totale; a Modena è appena stato offerto ai riders uno spazio coperto e riscaldato con una piccola officina per la manutenzione delle bici e la possibilità di ricaricare i cellulari. Insomma, qualcosa si muove a livello nazionale, ma Trento si inserisce nel novero delle città che per prime cercano di dare un contorno accettabile e dignità a una forma di occupazione assolutamente moderna e rispettosa dalle norme, ma non per questo meno brutale.

Approvando a larga maggioranza la mozione di Federico Zappini (Futura) il consiglio comunale ha affidato alla giunta due compiti: il primo indagare a fondo il fenomeno dei riders, ricostruendo nei numeri e nelle caratteristiche questa realtà per come si è declinata a Trento. L’obiettivo è capire quanti sono, come lavorano, in che zone, con quali esigenze e rispondendo a quali necessità sia dal punto di vista dei consumatori che delle ditte che si servono dei fattorini a gettone.

Secondo impegno, trovare, anche alla luce della mappatura delle esigenze, uno o più spazi coperti con un minimo di servizi (uno spogliatoio dove cambiarsi al bisogno, una piccola officina, dei servizi igienici) da offrire ai rider per consentire loro di aspettare gli ordini in luoghi più sicuri e sani delle panchine o delle pensiline degli autobus. Tra l’altro una struttura di questo genere potrebbe diventare anche polo di aggregazione e incontro, contribuendo alla evoluzione in senso collettivo di un mestiere che nasce squisitamente individuale. Con la debolezza contrattuale che questo inevitabilmente comporta.

«Quello che ci racconta la cronaca - spiega l’iniziativa Federico Zappini - è la grande diffusione di questa forma di occupazione, che per molti, soprattutto studenti, è un modo per raccogliere qualche soldo ma per troppi è invece il primo lavoro, quello che dà loro da vivere. Una realtà con la quale dobbiamo fare i conti: le consegne a domicilio sono entrate a far parte della nostra vita quotidiana. E qualsiasi opinione possiamo avere del fenomeno, non è ignorandolo che possiamo migliorarlo. Perché è un dato di cronaca anche quanto feroce sia “il sistema”. Sono ragazzi che vivono in strada: la strada è il loro luogo di lavoro. Con tutti i rischi che questo comporta. Il caso del rider picchiato a Rovereto sembra essere legato a ragioni che con il suo lavoro non hanno nulla da spartire, ma non è certo la prima aggressione che si registra ai danni di questi lavoratori. Come frequenti sono gli incidenti che li vedono vittime».

«Recentissima poi è la storia di quel rider che nel Veronese ha fatto 50 chilometri in bici per una consegna: una prova chiarissima di quanto vessatorio sia il sistema dell’algoritmo che regola le chiamate, e di fatto va venir meno l’ipotetico diritto di scegliere se accettare o meno l’incarico, arrivando a storture come quella: ore di bicicletta, al freddo e al buio, per qualche euro di guadagno».

L’indagine conoscitiva del comune di Trento dovrebbe chiarire anche questo: come effettivamente è gestita l’attività e cosa la rende così appetibile per le aziende che si servono dei rider. «Quando avremo chiaro cosa serve alle imprese e cosa i fattorini vorrebbero dal loro lavoro, - continua Zappini - potremo anche ragionare su forme alternative, magari sulla nascita di cooperative che permettano a quei lavoratori di avere un minimo di diritti: la malattia pagata, la possibilità di costruirsi una pensione. Finchè non sappiamo quanti sono e cosa vogliano, è impossibile anche solo ipotizzare soluzioni».

Poi c’è la questione degli spazi dedicati. «Oggi - dice Zappini - i riders si concentrano in determinate zone, a seconda di giornate e orari, dove più frequenti sono le richieste. Per esempio, la sera molti gravitano sulle Albere. Si arrangiano come possono, al freddo e sotto la pioggia. Non è accettabile né per loro né per la città che del loro lavoro si serve. Non c’è bisogno di chissà che: uno spogliatoio per cambiarsi, il necessario per le piccole riparazioni alla bicicletta, loro strumento di lavoro, un posto caldo dove riposare tra una chiamata e l’altra. Il sindaco Ianeselli, che ha manifestato la sua attenzione al tema, ha prospettato due possibilità».

«Sono ancora solo ipotesi di lavoro, tutte da verificare, ma comunque qualcosa di molto più concreto di un semplice impegno teorico. Una è la ex stazione autocorriere, che in attesa di destinazioni future diverse potrebbe essere adattata a questo scopo in tempi molto brevi. L’altra è l’ostello: il rinnovo della gestione va in gara con la richiesta di organizzare anche una biciofficina. Annessa a quella, si potrebbe ipotizzare uno spazio per i riders. Sono entrambe soluzioni interessanti, perchè in centro e di realizzazione abbastanza semplice e quindi veloce».













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