Trento, in ospedale c'è l'orario fai da teL'esperimento con 250 dipendenti

Il progetto si chiama Perla, «personalizzazione dell’orario di lavoro e telelavoro» e la responsabile del suo andamento è Paola Maccani. Dopo un periodo sperimentale che ha coinvolto un pugno di dipendenti, l’Azienda ha accettato di prolungare la prova fino a settembre prossimo



TRENTO. Potersi organizzare la giornata lavorativa come meglio si crede è un sogno: far conciliare l’impegno in azienda con quelli familiari, ma anche con il proprio tempo libero è un’impresa titanica. Ma forse perché nessuno fino ad oggi ci ha mai provato seriamente. Quasi nessuno. L’Azienda sanitaria di Trento sta portando avanti un progetto sperimentale che sta dando risposte inaspettate e molto positive. Non senza sforzo, questo è chiaro, ma pare proprio che i frutti valgano la fatica.
 Il progetto si chiama Perla, «personalizzazione dell’orario di lavoro e telelavoro» e la responsabile del suo andamento è Paola Maccani. Dopo un periodo sperimentale che ha coinvolto un pugno di dipendenti, l’Azienda ha accettato di prolungare la prova fino a settembre prossimo. Oggi sono coinvolti 250 dipendenti di diversi settori, soprattutto amministrativi oppure sanitari non coinvolti nella turnistica. «Tendenzialmente sono più donne - spiega Paola Maccani - ma non è un servizio riservato. A richiederlo sono soprattutto lavoratori che a casa devono accudire bambini o anziani e devono quindi far coincidere gli orari propri con quelli delle scuole o degli assistenti o delle baby sitter. Ma la flessibilità va incontro anche ad altre esigenze, penso a chi sta frequentando magari corsi universitari».
 Nella maggior parte dei casi si tratta di ritocchi molto semplici, tipo lo spostamento dell’orario di inizio e di fine giornata, in altri casi si è trattato invece di garantire la presenza in determinate fasce. Il punto fermo è che la flessibilità non deve ovviamente cagionare danni all’ufficio o al servizio e deve garantire il monte ore lavorativo previsto dal contratto. Infatti il dipendente “flessibile” non riduce il suo impegno e di conseguenza lo stipendio rimane invariato, a differenza di quanto offre invece il part time. Non è un caso, quindi, che il nuovo sistema di personalizzazione è molto più gradito del part time. Ci sono stati alcuni casi di dipendenti che sono rientrati dall’accordo di lavoro di mezza giornata per affidarsi a questo nuovo metodo, con vantaggio, quindi, anche dell’azienda che si ritrova una forza non più a mezzo servizio. Non solo, questo tipo di flessibilità permette anche di garantire la maggior presenza di lavoratori nei momenti di picco delle prestazioni del servizio, alleggerendo invece quei momenti in cui non serve uno squadrone d’assalto dietro alle scrivanie, ottimizzando quindi la forza a disposizione.
 «Il sistema - spiega ancora Paola Maccani - porta anche un beneficio ulteriore, quello del continuo aggiornamento dei parametri organizzativi. Coordinare l’orario di lavoro di un ufficio responsabilizza il dipendente perché è chiamato a porsi anche un problema di rapporto con i colleghi per l’efficienza di un servizio; ma impegna anche il “capo” che deve costantemente aggiornare e misurare la qualità del lavoro e le esigenze organizzative».
 Secondo le prime valutazioni sul progetto, si è notato un maggior coinvolgimento anche dei dipendenti nell’organizzazione e nella produttività del proprio ufficio, oltre che una maggiore produttività e un minor numero di assenze e permessi. Anche il clima interno subisce un netto miglioramento













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