Taglio dei parlamentari Referendum senza nemici 

Si vota il 29 marzo. Il quesito è per confermare la legge voluta dai 5stelle. Non c’è quorum e solo Forza Italia è molto tiepida. Ma anche Lega e Pd sospirano: «Si poteva fare di meglio» 



Trento. Chi non è d’accordo sul taglio dei parlamentari? Nessuno, eccetto (forse) proprio gli interessati che non lo hanno detto quando è passata la legge in Parlamento e che non lo dicono nemmeno ora quando, il 29 marzo, la legge verrà sottoposta a verifica referendaria. Il taglio dei parlamentari, cosa si vota? I cittadini saranno chiamati ad esprimere il consenso verso la riforma costituzionale sul taglio dei parlamentari, che ha modificato in maniera sostanziale l’assetto del Parlamento stabilito dagli articoli 56, 57 e 59 della Carta costituzionale. La legge ormai approvata, voluta dai Cinquestelle ed in particolare dall’attuale sottosegretario Riccardo Fraccaro, ha eliminato 345 poltrone totale in Parlamento, che adesso risulta composto (dalla prossima consultazione) da 200 senatori e 400 deputati, con un risparmio stimato di 100 milioni di euro all’anno. Se i cittadini italiani dovessero esprimere un voto contrario alla riforma si tornerà alla situazione ex ante, ovvero 945 parlamentari totali, 630 deputati e 315 senatori.

Si tratterà di un referendum confermativo, previsto dall’articolo 138 della Costituzione, per il quale non è previsto il raggiungimento di nessun quorum particolare. Quindi se i sì superano i no il taglio dei parlamentari verrà confermato. Nessun rischio sulla carta che possa essere cassato, o no? «Mah, vedremo al referendum non votano i partiti ma i cittadini» osserva Alex Marini, consigliere provinciale M5s da sempre vicino a Fraccaro: «Io dico in premessa che la gente dovrebbe essere sentita sempre ogni volta che si fanno delle modifiche costituzionali. Il referendum confermativo in questi casi dovrebbe svolgersi in automatico. Nei Paesi democratici funziona così. Lo devi fare per rendere consapevole l’elettore. Nello specifico, attenzione al fatto che non c’è quorum: potrebbero andare a votare i più motivati a non cambiare le cose e dunque finirebbero per avere ragione loro».

A quel tempo in Parlamento la Lega si era detta favorevole al taglio. Lo è rimasta? Ecco il segretario Mirko Bisesti: «Per noi questo non è sicuramente un tema prioritario. Il tema di riformare il Parlamento aveva sicuramente un significato, però noi avremmo preferito che si trasformasse il Senato, facendolo diventare il Senato delle Regioni. La riforma ha preferito fare un taglio lineare. C’era bisogno di rivedere l’organizzazione delle Camere, ma lo si poteva fare in un altro modo. Il referendum? É giusto votarlo ma sarebbe stata preferibile una vera riforma».

Anche il Pd, per bocca del capogruppo in Provincia Giorgio Tonini, è convinto che una riforma parlamentare fosse necessaria ma, anche, che la si poteva realizzare diversamente: «Per noi ci sono tre passaggi. Il primo: siamo sempre stati d’accordo, tra i primi a dirlo, che mille parlamentari oggi in Italia non hanno senso. Ora con le Regioni ci sono quasi altri 1000 legislatori. Secondo: noi avevamo un’idea diversa sul come ridurli. Per i Dem il tema era quello di cambiare il bicameralismo, ora ci sono due Camere che fanno esattamente lo stesso lavoro. Il Senato, era la nostra idea, non doveva più essere eletto direttamente ma sostituito, come in Germania, dalla Camera delle Regioni. Questa idea è stata bocciata nel 2016 dal referendum e si è andati in altra direzione con l’idea del M5s e della Lega. Quindi invece della riorganizzazione si è arrivati ad un taglio: ma noi, ed è questo il terzo tema, ora difendiamo quello che si è votato e diciamo che al referendum serve un sì».

Tiepida Forza Italia che, però, non si sfila. Ecco il coordinatore regionale Giorgio Leonardi: «A nostro giudizio è una riforma incompleta perché manca l’elezione diretta del capo del governo e molti territori di provincia saranno meno rappresentati rispetto alle grandi aree metropolitane».G.T.













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