Studenti «fantasma»: stangata a Cfp e Menghini

La Corte dei Conti li condanna a risarcire i 148.500 euro ottenuti dalla Provincia per attivare nel 2007 una Seconda Edile che non aveva i numeri per nascere


di Luca Marsilli


ROVERETO. Dal punto di vista penale la questione è ancora aperta. Assolto in primo grado e condannato (ad otto mesi di reclusione) in appello, l’ex direttore del Cfp Veronesi Vittorio Menghini ha presentato ricorso in cassazione. Ma intanto la Corte dei Conti ha seguito la propria strada, diversa sia nei presupposti giuridici che nello scopo da quella del penale. E con una sentenza dai toni perentori ha condannato tutti a pagare. Dove «tutti» sta per lo stesso Menghini, all’epoca dei fatti direttore amministrativo, per Cesare Bertassi, direttore didattico, e per lo stesso istituto Cfp Veronesi. Ed il conto è salato: devono restituire all’erario 148.500 euro, l’intero ammontare del finanziamento provinciale di troppo ottenuto nell’anno scolastico 2007 e 2008.

Doverosa premessa: nessuno è accusato di essersi messo in tasca un solo euro. E di questo bisogna dare atto a tutti i protagonisti, anche se rileva solo fino a un certo punto. Il problema è che la scuola avrebbe operato una serie di raggiri anche vistosi e grossolani per riuscire ad attivare una classe (la seconda D edile 2007) senza avere il numero di iscritti che la giustificasse. E ricorrendo a finte iscrizioni, quelle che all’epoca delle denunce si erano pittorescamente dipinte come «alunni fantasma», per trarre in inganno la Provincia e ottenere i 148,500 euro necessari per pagarla.

I giudici contabili hanno avuto la segnalazione e il primo fascicolo dalla procura di Rovereto nel 2010 e poi si sono attivati acquisendo la documentazione attinente in Provincia ma anche sentendo direttamente questi famosi «alunni fantasma». Ed hanno concluso che dubbi non ce ne possono essere. A fronte di sei soli iscritti «effettivi», il numero di alunni era stato gonfiato fino a 13, spiegano i magistrati, iscrivendo fittiziamente 4 alunni (dei bocciati dell’anno prima che non si erano più iscritti al Veronesi) e facendo figurare in quella classe altri tre studenti che invece frequentavano regolarmente le lezioni, ma in altre sezioni (meccanica, elettrico ed elettronica: A, B e C). L’effetto è stato ottenere il via libera per il corso Edile: è codificato in 15 il numero minimo di iscritti per poter dare vita ad una classe, derogabile fino ad 8 in casi particolari. A nulla sono giovati i ragionamenti della difesa, riconducibili sostanzialmente a due punti: la prassi consolidata che prevede la concessione di deroghe anche fino a 6 soli alunni da parte della Provincia ed il fatto che sommati quei sei ad una delle altre tre classi, si sarebbe raggiunto un numero tale da richiedere comunque lo sdoppiamento, e quindi di fatto l’assenza di maggiori costi per la Provincia. I giudici rispondono che la concessione della deroga, per possibile che sia, non era affatto scontata. E lo dimostrano proprio i raggiri compiuti invece di richiederla: non si è corso il rischio di vedersela rigettare. Quanto al meritorio intento di scongiurare il rischio di abbandoni scolastici, i giudici lo hanno archiviato ritenendo che altrettanto meritorio è non disperdere i pubblici denari in usi impropri.

Quindi la condanna a rifondere l’intero costo di quel corso scolastico: i soldi fatti spendere a torto alla Provincia. Cfp e Vittorio Menghini sono obbligati in solido per l’intera cifra; Cesare Bertassi, che non avrebbe avuto parte attiva nell’organizzare la cosa ma la avrebbe tollerata, solo fino ad un massimo di 30 mila euro.

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