Statuto, via libera all'unanimità

Ma Giurisprudenza e Sociologia restano critiche: «Sì per responsabilità»


Chiara Bert


TRENTO. Sono serviti cinque mesi di aspre discussioni, mozioni critiche e tre bozze, ma alla fine l'Università di Trento ha approvato il suo nuovo Statuto. Il via libera alla Costituzione del nuovo ateneo «provinciale» è arrivato ieri dal Senato accademico. Un voto unanime, ma dai presidi di Giurisprudenza e Sociologia un sì critico, «per responsabilità istituzionale». L'ultima parola ora al ministero. L'altro parere da incamerare - più scontato - è quello della Provincia. Dopodiché il nuovo Statuto sarà emanato con un decreto del rettore.

La temuta spaccatura non c'è stata, il sì dei presidi - dopo un'ora e mezza di confronto - ieri è stato unanime. Il rettore Davide Bassi tira un sospiro di sollievo dopo mesi di lavoro e di scontro anche duro con ampi settori dell'ateneo. «È stato un processo lungo e impegnativo che ha interessato non solo l'università ma l'intera comunità trentina, me l'aspettavo». «Questo passaggio ridisegna l'ateneo almeno per i prossimi 10 anni. Abbiamo la possibilità, in un momento di crisi, di rilanciare la nostra università, la sua vocazione internazionale, la qualità della didattica congiunta alla ricerca».

Il rettore ammette, ringraziando tutti per la collaborazione, che «anche le discussioni aspre servono», «al di là dei distinguo e delle diverse sensibilità è stata trovata una sintesi utile per l'ateneo». «Con più tempo - continua - forse sarebbero emerse soluzioni migliori», ma il compromesso «è buono». Bassi non rinuncia a esprimere fino in fondo il proprio pensiero, una risposta indiretta alle critiche degli ultimi tempi: «Un dibattito troppo esasperato, improntato al reciproco sospetto, ha prodotto uno Statuto pieno di paletti, come il limite di un solo mandato al consiglio di amministrazione. Se un cda è buono sarebbe stato un vantaggio tenerselo più a lungo. Se ci fossero state meno paure avremmo prodotto uno Statuto più leggero». Questa l'opinione del rettore. Ma nel Senato accademico ieri si sono confrontate posizioni molto distanti.

Durissima la dichiarazione di voto del preside di Giurisprudenza Luca Nogler: voto favorevole sì, «nello spirito di responsabilità istituzionale che ha sempre contraddistinto la facoltà che rappresento». Ma senza risparmiare critiche: la prima, «all'indifferenza dimostrata dal rettore e dal presidente del cda nei confronti delle competenze giuridiche presenti nell'ateneo, al momento di nominare la commissione Statuto»; la seconda, «ai controllori che nominano i controllati, un unicum nelle università italiane e straniere». Tuttavia - ammette Nogler - «il risultato finale è molto diverso dalla prima bozza, ora starà all'applicazione far sì che le nomine rispettino il merito e restino estranee a logiche di contrattazione politica».

Anche Bruno Dallago, preside di Sociologia, vota sì «per responsabilità» e definisce «elementi peggiorativi» la composizione del cda e il rapporto tra dipartimenti e centri, con la gestione di chiamate e carriere. «Quello di oggi è un punto di arrivo ma anche di partenza. Quella transitoria sarà una fase difficile, serve l'impegno assunto dal rettore a smussare i punti critici. Se sarà gestita con saggezza, avremo un'università più forte di prima, che sa dare i giusti incentivi a chi si impegna, al di là della retribuzione economica».

Marco Tubino, preside di Ingegneria, in conferenza stampa si assume il ruolo di «pompiere»: «È uno Statuto innovativo che offre opportunità. Personalmente ho faticato per i tempi serrati imposti in questa settimana - ammette - e un cda tutto esterno, senza accademici, è stato un passaggio che non tutti hanno digerito facilmente. Ora speriamo che si possano trovare persone di alto profilo». Benedice l'accordo Paolo Collini, preside di Economia, altra facoltà fortemente critica: «Il risultato non è l'ideale ma è molto buono. Garantisce l'autonomia dell'ateneo e ruoli bilanciati. Sono regole che ci permettono di individuare buone persone».













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