la tragedia

Si era steso sotto il camion per ripararlo ed è stato schiacciato

Giuseppe Zito, meccanico, era intervenuto per riparare il guasto ai freni del mezzo. Il conducente: «Lui era sotto e il collega ha messo in moto»


di Luca Marognoli


TRENTO. Assurda e inspiegabile. Una morte che stride con l’affrettata catalogazione nel novero delle “tragiche fatalità”. Perché Giuseppe Zito, il 41enne meccanico di Romagnano, di origini calabresi, che ieri mattina è intervenuto con un collega in via della Stazione, a Mattarello, per riparare un camion in panne, non avrebbe mai dovuto trovarsi sdraiato sotto il mezzo pesante che lo ha poi ucciso. Perché il suo collega della ditta Interservice di via San Sebastian, all’Interporto, non avrebbe dovuto mettere in moto il veicolo - se questa dinamica verrà confermata dagli accertamenti della Volante e dell’Ispettorato del lavoro - quando il caposquadra era ancora là sotto (anche se sembra che sia stato proprio il suo superiore a chiedergli di intervenire). Perché il camion era in discesa e aveva un guasto ai freni. Soprattutto perché mai ci si dovrebbe recare sul lavoro al mattino e non tornare più a casa la sera, lasciando soli moglie e figlie.

Tante le domande alle quali le autorità competenti dovranno, nei limiti del possibile, dare delle risposte. Oggi si può solo limitarsi a dire quanto è stato riferito dai testimoni.

Il dramma si è consumato attorno alle 11 sulla stradina che dall’arteria principale che attraversa il paese scende verso alcune villette e piccole attività commerciali (una volta in fondo c’era un passaggio a livello, per procedere in direzione di Aldeno, oggi la barriera fonoassorbente che costeggia la statale del Brennero).

Il racconto del camionista, Luigi Ferrari, residente in provincia di Monza e dipendente di una ditta di Lecco, fa venire i brividi: «Trasporto di tutto, oggi della carta», spiega accaldato e ancora scosso. «Ho parcheggiato il camion dieci metri prima di dov'è ora, per entrare nella ditta a chiedere dove dovevo andare a consegnare. Mi hanno mandato un ragazzo che mi ha accompagnato a vedere, poi sono tornato indietro... Solo che non si muoveva più il camion: si erano rotti i tubi dei freni. Sono andato a guardare io ma non sono stato capace di sistemarli: d'altra parte non è il mio mestiere. Abbiamo telefonato al pronto intervento: è arrivato questo ragazzo, era lì che stava lavorando ma non aveva l'attrezzatura giusta e ha chiamato il collega. Assieme hanno sistemato il camion e uno (quello che era sotto, ndr) ha detto all'altro: va ad accendere il motore...».

Sono gli attimi immediatamente precedenti la tragedia. Il camionista dà la sua versione di testimone oculare: «No, non è salito: da giù ha allungato la mano ed ha fatto così (mima il girare la chiave, ndr). Tanto è in folle, deve avere pensato. Non è andato a guardare se c'era il freno a mano tirato o no. L'altro era sotto a sistemare e a vedere se perdeva ancora l'aria…». Ferrari afferma di essere stato appoggiato a un muro ad assistere all’intervento. «Appena il ragazzo ha acceso - continua - per un attimo il camion è rimasto fermo, come sospeso, poi ho visto che pian piano si muoveva e gli sono corso dietro. Sono salito, lo ho fermato, però era tardi...»

Il camionista non si capacita per quello che è accaduto: «Erano in due per sistemare i freni... Prima di salire si dovrebbe controllare...». Ma le lancette dell’orologio non si possono riportare alle 10.59 di ieri, a un attimo prima di quella manovra così apparentemente irrazionale.

Il collega della vittima, sotto choc, ha lasciato che le sue ginocchia si piegassero adagiandosi sul marciapiede: prima seduto, poi sdraiato. Piangendo e disperandosi per la sorte di Giuseppe. Un’ambulanza della Croce Rossa lo ha prelevato per portarlo all’ospedale Santa Chiara.

Nel frattempo la via si era riempita di vigili del fuoco, agenti di polizia e carabinieri. Due lenzuola bianche sono state agganciate al cassone del mezzo pesante, per impedire ai “curiosi” la vista del corpo del meccanico. Che è rimasto lì un paio d’ore, in attesa del nulla osta alla rimozione. L’intera strada è stata interdetta al passaggio, con dei nastri tesi ai due estremi per isolare l’area del sinistro. È stata chiamata l’autogru, per facilitare lo spostamento del mezzo che, stando alla prima ricostruzione, si era spostato di una decina di metri più a valle.

I rilievi sono stati compiuti dagli agenti della Squadra Volante guidata dal dottor Antonio Concas. La Stradale infatti (presente anche il comandante Giansante Tognarelli) ha “ceduto il passo” per una questione di competenza: inizialmente si pensava ad un investimento di pedone, ma in breve è emerso che si trattava di infortunio sul lavoro.

Ai generi delle due figliastre, uno dei quali vigile volontario a Ravina, è toccato il triste compito di riconoscere la salma. Sul posto anche una coppia di signori: «Siamo cari amici di Giuseppe e della moglie. Ci eravamo visti proprio ieri sera (giovedì, ndr) a casa nostra. Passiamo a fare due chiacchiere, avevano detto. Erano appena stati in crociera. Erano contenti».













Scuola & Ricerca

In primo piano