Sequestrati 17 milioni a Renzo Rangoni 

Il figlio dell’ex patron dell’Italscandia è accusato di aver nascosto al fisco 40 milioni tramite una società in Lussemburgo



TRENTO. Nel 2013 aveva dichiarato al fisco un reddito imponibile di 61.348 euro, ma secondo la Guardia di Finanza e la Procura di Trento aveva avuto, in realtà, entrate per quasi 40 milioni di euro, per la precisione 39.324.750,57 euro, evadendo quindi le tasse per 16 milioni e 862 mila euro grazie a una società controllata con sede in Lussemburgo, la Errenove Sa.

Per questo venerdì scorso le Fiamme gialle hanno portato a termine un sequestro record per quasi 17 milioni di euro nei confronti di Renzo Rangoni, 67 anni, uno dei due figli di Armando Rangoni, ora deceduto, notissimo ex patron dell’Italscandia, la concessionaria in Italia dei camion Scania, che aveva incassato un vero e proprio tesoro, all’epoca di parlò di mille miliardi di lire, con la vendita della società alla casa madre svedese. Rangoni è indagato dalla Procura di Trento per dichiarazione infedele. Sotto sequestro sono finite le quote per un valore di 777 mila euro di un palazzo di piazza Vittoria, in centro a Trento, del valore di circa 6 milioni, più conti correnti e titoli per un valore di 16 milioni e 84 mila euro. In particolare sono stati sequestrati presso la San Paolo Private Banking 2 milioni 173 mila euro su un conto corrente, 4 milioni 648 mila euro di gestioni patrimoniali mobiliari, 3 milioni 506 mila euro di depositi amministrati in due diversi conti e, infine, 5 milioni e 736 mila euro presso l’Unione Fiduciaria spa. In passato il padre di Renzo, Armando Rangoni era finito nella rete della Finanza, tanto che venne condannato in primo grado dalla commissione tributaria di Trento nel 2015 a pagare 6 milioni di euro di tasse sui redditi realizzati in Lussemburgo tramite la società Erretre Sa. Poi, però, la commissione tributaria di secondo grado assolse Rangoni ritenendo che la Erretre avesse un’attività in Lussemburgo e non fosse solo una società fantasma e quindi che non ci fosse esterovestizione.

Le contestazioni nei confronti di Renzo Rangoni sono emerse da una verifica fiscale del 2017 che aveva scoperto come la Errenove Sa nel 2013 avesse ceduto alla neocostituita Agasta Sa, il 50% delle quote di un’altra società lussemburghese di famiglia, la Lifin, per un importo di 39.324.760 euro. Per l’accusa, su questi soldi Rangoni non avrebbe pagato le tasse. Procura e Finanza contestano a Rangoni junior un’ipotesi diversa dall’esterovestizione, ovvero la dichiarazione fiscale infedele per non aver denunciato in Italia i redditi di una società controllata all’estero. La differenza tra questa ipotesi e quella di esterovestizione sta nel fatto che nel secondo caso si presume che una società costituita all’estero in realtà sia solo una finzione, visto che svolge la sua attività in Italia e quindi deve pagare le tasse qui. Però è molto difficile da provare che una società estera sia solo una scatola vuota. Per questo la Finanza questa volta ha contestato a Rangoni di aver violato la norma secondo la quale si deve denunciare in Italia il reddito di società controllate con sede all’estero quando la tassazione nel paese straniero è inferiore alla metà di quella italiana. E il Lussemburgo ha una tassazione pari a zero sui redditi societari e quindi Rangoni avrebbe dovuto pagare tutto in Italia.













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