Senza fissa dimora, arriva la scure sui posti letto

Chiudono i dormitori, si passa da 160 a 40 posti. L’appello dei volontari: «Molti clochard sono trentini che non ce la fanno. La sola Bonomelli non basta»


di Emanuele Del Rosso


TRENTO. Da 160 posti letto a 40 da un giorno all'altro. La situazione delle persone senza fissa dimora a Trento si farà ancora più difficile, dalla fine del mese. Per questo motivo i volontari dell'accoglienza trentina hanno voluto far partire una raccolta firme, alla quale hanno aderito dodici enti e più di cento privati cittadini. L’obiettivo è rendere noto il problema e far sì che sia trovata presto una soluzione. «Stiamo parlando - spiegava alla conferenza stampa di ieri Bruno Santoni - di persone che non stanno per strada per scelta. Il mito del clochard è oramai ben lontano. Si tratta di uomini e ragazzi che non trovano lavoro, e il fatto che non possano nemmeno farsi una doccia e dormire decentemente di certo non li aiuta. Le strutture che ora saranno chiuse sono fondamentali per garantire a queste persone la dignità. Pulizia e riposo, per combattere la depressione e per essere pronti, magari, ad un colloquio di lavoro.»

In un periodo come questo, di forte crisi economica e mancanza di impiego, il numero degli sfortunati che finiscono in mezzo alla strada è in continuo aumento. Non solo immigrati, rifugiati politici e non, ma anche abitanti della nostra città sono in situazioni disperate. Gli toccherà dormire all'addiaccio, con tutti i problemi che questo comporta, comprese le multe – perché pernottare all'aperto è vietato. Inoltre, commenta Federico Uez, uno dei ragazzi volontari, «molti di loro hanno davvero paura di stare per strada la notte. Li conosciamo bene tutti quanti, e conosciamo bene anche la loro preoccupazione».

Esistono due tipi di dormitori, in regione: il primo accoglie i bisognosi “a progetto”, ossia questi possono rimanere per il periodo di tempo ritenuto necessario a rimettersi in carreggiata, magari trovare anche un impiego; il secondo tipo sono i dormitori di accoglienza "a bassa soglia" - che in totale contano, come detto, 160 posti – i quali danno ospitalità a rotazione per trenta giorni d'inverno e venti durante il resto dell'anno. I Volontari dell’accoglienza trentina sono però convinti che il fatto che queste persone non soffrano il freddo non possa giustificare un taglio di 120 unità. Sostanzialmente, soltanto Casa Bonomelli resterà a disposizione, tra i centri di accoglienza “a bassa soglia”.

«Non è sufficiente. Chiediamo, come minimo, che il numero dei posti rimanga questo. Anche perché il costo per il loro mantenimento non è molto elevato, soprattutto se comparato ad altre spese che vengono fatte» - ha detto Santoni, per poi aggiungere che sarebbe il caso di mettere a punto una strategia. «Occorrerebbe che l'amministrazione lavorasse ad un piano concreto per affrontare il problema. E sì che il Trentino dovrebbe essere la regione dove si vive meglio».













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