turismo invernale

Sci, anche senza neve aperte due piste su tre

Dopo l’avvio terribile della scorsa stagione, un’altra partenza «secca». Ma le società funiviarie hanno comunque garantito i collegamenti principali


di Andrea Selva


TRENTO. Non lo chiamiamo nemmeno più “miracolo”, perché a sciare lungo chilometri di piste anche in assenza di neve naturale ormai ci stiamo facendo l’abitudine. Era già accaduto l’anno scorso, quando la situazione è stata in realtà addirittura peggiore di quest’anno, con un autunno assolutamente privo di precipitazioni e temperature elevate che avevano limitato la possibilità di utilizzare i cannoni per la neve artificiale. Quest’anno la scarsità di neve si è ripetuta (nonostante qualche precipitazione alle quote più elevate) ma l’industria dello sci non si è fatta trovare impreparata, con la maggior parte delle piste aperte (fra il 50 e il 70 per cento) nelle aree turistiche che negli anni hanno investito negli impianti di innevamento artificiale. Un esempio su tutti: il Sella Ronda, il più famoso ski tour, è completamente percorribile da inizio dicembre in entrambe le direzioni.

Da Madonna di Campiglio Francesco Bosco è soddisfatto dei 4.800 sciatori che sabato hanno utilizzato gli impianti a fune: «Sono numeri di tutto rispetto per un periodo di bassissima stagione e confermano l’interesse da parte degli sciatori per lo sci anche in assenza di neve naturale: se c’è la possibilità di sciare attraverso più aree collegate, come avviene ora tra Campiglio e Marilleva, gli sciatori arrivano e ti fanno pure i complimenti per come sono state preparate le piste». Le temperature quest’anno hanno dato una mano (con parecchie giornate utili per produrre neve) e Bosco (che rappresenta anche gli impiantisti del Trentino) spiega che chi ha investito in passato in infrastrutture ora raccoglie i frutti: «I cannoni sono sempre più efficienti: producono più neve utilizzando meno acqua ed energia e soprattutto hanno capacità produttive molto elevate che consentono di sfruttare al massimo le ore di freddo».

Giulio Misconel, presidente delle funivie Alpe Cermis, mette in evidenza un cambio netto di scenario: «Gli sciatori ormai si sono abituati a sciare su questa neve e la apprezzano anche di più. Ovviamente i costi sono notevoli e incidono molto sui bilanci, con investimenti sui bacini di accumulo che saranno necessari anche in futuro. Quando uno acquista lo skipass deve sapere che non acquista solo il trasporto sugli impianti a fune, ma anche i servizi per la produzione della neve e la battitura delle piste». Misconel fornisce anche alcune cifre: «Nella bolletta elettrica delle funivie la produzione di neve vale ormai il 60 per cento e solo il 40 per cento serve per muovere gli impianti a fune». Bilanci annuali alla mano, in un inverno secco come quello dell’anno scorso per innevare una pista servono quasi 2 euro al metro quadrato e altri 80 centesimi (al metro) per la battitura. E non c’è neve naturale che tenga: ormai l’industria dello sci ha dimensioni tali che i cannoni entrano sempre in funzione, anche quando dal cielo scendono fiocchi veri.
Lo sanno bene a San Martino di Castrozza dove - come racconta Valeria Ghezzi, presidente degli impianti Tognola - la Provincia ha realizzato un nuovo bacino artificiale per innevare l’area Ces: «Un passo avanti importante, ora dobbiamo pensare all’area sciistica del passo Rolle».

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