l'accoglienza

«Sbarcati» a Trento altri 50 migranti

Sono arrivati ieri con due pullman alla Residenza Fersina. Già negli alloggi mamme e bambini. La più piccola, Victory, ha solo 8 giorni


di Luca Marognoli


TRENTO. Victory è una bambina fortunata. È nata in Libia, il primo maggio. Nei capelli ricci e neri ha ancora la salsedine, quei capelli che oggi una volontaria della Croce Rossa accarezza teneramente, nell’“hub” di pronta accoglienza della Residenza Fersina, in via Al Desert.

Il mar Mediterraneo ha deciso che lei doveva passare. L’ha messa nella lista dei salvati e risparmiata da quella dei sommersi. In otto giorni di vita, ha solcato il grande mare su un barcone, è approdata in Sicilia e ha viaggiato una notte intera su un pullman che l’ha portata fino a qui. Dove è ancora tra le braccia della sua mamma, stanca ma sana e salva. Victory: una piccola grande vittoria.

Sono 50 i profughi subsahariani (di Mali, Camerun, Sierra Leone e Nigeria, parte dei 6 mila sbarcati in Italia nel weekend) arrivati a Trento a bordo di due pullman, nel giro di poche ore: alle 13.30 da Siracusa e dopo le 15 da Agrigento.

Il suo gruppo è stato il primo, quello dei nuclei familiari: 25 persone, delle quali 11 bambini. In gran parte mamme con figli di pochi mesi, una incinta con il marito e tre figli. C’è anche una ragazza sola, separata dal marito allo sbarco. «Inizieremo subito le ricerche con le prefetture per ricongiungerli», dice Pierluigi La Spada del Cinformi, anche ieri “regista” del gruppo di 5 dipendenti e 7 volontarie e volontari della Croce Rossa (in Trentino sono 1600) addetti all’accoglienza. Questi ultimi coprono le prime 48 ore dall’arrivo e fra di loro c’è anche un’infermiera pediatrica, spiega Elena Rinaldi, referente della pronta e prima accoglienza.

I nuclei familiari sono stati accompagnati, in giornata, nei rispettivi alloggi presso le strutture trentine che ospitano mamme con bambini (non solo stranieri), sia in città che nelle valli. Il secondo gruppo, tutto composto da singoli, resterà in via Al Desert per alcuni giorni, nel settore destinato alla pronta accoglienza che dispone di una sessantina di letti. Poi i profughi saranno smistati nei centri di prima accoglienza: sempre alla Residenza Fersina, nell’ala principale, che ha 40 stanze, e nelle residenze di Marco e della Quercia di Rovereto.

La macchina dell’accoglienza a Trento è ben rodata. L’organizzazione va di pari passo con l’umanità che leggi negli occhi delle volontarie, quando coccolano i piccoli che sbucano incerti sulla soglia dell’“hub”, il prefabbricato con le stanze e le docce dove le mamme si rilassano dopo il lungo viaggio. «A noi arriva l’avviso che un certo numero di persone sono destinate al Trentino e da quel momento abbiamo una ventina di ore per prepararci», spiega Elena Rinaldi. «Non sappiamo ancora chi sono: ce lo comunicano alla partenza gli autisti dei pullman, inviandoci gentilmente la foto della lista. Ci serve per mobilitare i volontari della Croce Rossa».

I profughi sono arrivati in buone condizioni: «Scesi dai pullman erano abbastanza vivaci, hanno mangiato e più tardi si sono un po’ rilassati», dice ancora Rinaldi. «No, non portano effetti personali: solo il cellulare», precisa La Spada. Negli “hot spot” dove avvengono lo screening medico, la fotosegnalazione e lo smistamento, ricevono vestiti nuovi per il viaggio.

Nessuno qui dimentica l’arrivo di due anni fa. «Era il 14 aprile 2015: su 600 persone partite ne morirono 450», dicono in via Fersina. «Erano scalzi, praticamente nudi perché indossavano solo le canotte di carta ricevute dopo lo sbarco, in molti casi avevano ustioni da carburante. Fu il momento peggiore, perché dovemmo anche farci dire i nomi di chi non ce l’aveva fatta». Tra loro anche tanti bimbi come la piccola Victory, che il Mediterraneo ha respinto.













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