LA STORIA

Sara, su Facebook la sua dichiarazione di guerra al cancro

Fotografa dell’Aquila Basket, ha pubblicato la prima chemio: «Non mi piego e continuerò ad andare con la mia Ducati»


Paolo Tagliente


TRENTO. Parli di Facebook e ti vengono in mente selfie stupidotti, video divertenti, dibattiti inutili su politica, calcio e massimi sistemi, proclami razzisti e fiumi di strafalcioni grammaticali. Poi, all’improvviso, capita di imbattersi in un post di Sara Ruaben, volto notissimo ai tifosi dell’Aquila Basket, che ad ogni partita la vedono scattare foto a bordo campo, e tutto cambia. All’improvviso Facebook diventa un luogo reale, dove una ragazza di 35 anni ha deciso di raccontare la sua malattia e la sua battaglia per sconfiggerla. Alle 16.03 di lunedì, infatti, sulla bacheca di Sara appare la foto del suo braccio con le flebo e la scritto «Desmochemio, giorno uno. Boia chi molla». Proprio così, è la chemioterapia. La prima di dodici sedute che dovrà affrontare per i prossimi lunedì.

Perché pubblicare quella foto, Sara?

«L’ho fatto per dire a chi mi conosce, ai miei amici virtuali e no e soprattutto ai familiari cosa sto facendo e che sto bene. Le voci corrono e non volevo che le solite chiacchiere potessero creare preoccupazione in chi mi vuole bene. Ma non posso negare di averlo fatto anche per dare la carica a me stessa in questo momento».

Le va di dirci di qualcosa sul suo male?

«Per un paio di mesi ho avuto la tosse. Proprio non ne voleva sapere di passare e io mi accanivo a non volermi curare, convinta che tutto si sarebbe risolto in fretta. Alla fine, ho deciso di andare dai medici e ho fatto i raggi che hanno evidenziato una macchia su un polmone. Nel giro di pochi giorni ho avuto la diagnosi».

Perché quella parola “desmochemio”?

«Sono una motociclista, una ducatista, e chi conosce questa moto italiana sa che il suo colore è il rosso, il famoso rosso Ducati, e che il suo motore viene detto “desmodromico” per la tipologia del sistema di distribuzione. Anche il liquido della chemio è rosso e così, mio fratello ha deciso di “fondere” le due parole. Mi è piaciuto. Rende bene l’idea della grinta con cui affronterò questa sfida: ogni lunedì sarà desmochemio. Credo che lo spirito sia fondamentale in situazioni come la mia e non ho alcuna intenzione di piegarmi. Ho chiesto subito alla dottoressa se avrei potuto continuare ad andare in moto. La risposta è stata affermativa. Per questo vado in giro sulla mia Ducati, a fare le foto alle partite dell’Aquila e a fare la mia vita. Sono convinta che il 90 per cento di possibilità di successo sia nel modo in cui reagisco. Il resto lo fa la medicina».

Che tipo di reazioni ha suscitato quell’immagine?

«Non mi sarei mai aspettata tanto affetto. Mi hanno contattato tantissimi amici, sia quelli di Facebook, che magari non ho mai nemmeno incontrato, sia quelli che conosco da anni. Mi ha colpito e commosso l’attenzione mostrata dalla società dell’Aquila Basket: il presidente Luigi Longhi e il direttore sportivo Salvatore Trainotti mi hanno subito contattata per informarsi e sostenermi. Hanno dimostrato di essere grandi persone oltre che rappresentare una grande società. Sono una famiglia».

Questa volta i ruoli sono invertiti, insomma. A giocare la partita, importantissima, è lei. E a fare il tifo ci sono i campioni dell’Aquila, la società, i tanti amici e tutta Trento. Forza Sara!













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