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Roveretano tra i ghiacciai «Così l’Ortles si scioglie»

Il ricercatore Paolo Gabrielli è un esperto glaciologo: grazie ai suoi carotaggi riesce a tenere monitorati il riscaldamento terrestre e i cambiamenti climatici



ROVERETO. Il ghiacciaio dell’Ortles si sta muovendo (e sciogliendo) dopo 7000 anni, anche nel più profondo. Questi due risultati, che accendono luci nuove e preoccupanti sui ghiacciai del Trentino Alto Adige, sono merito del roveretano Paolo Gabrielli, glaciologo e ricercatore, da oltre dieci anni residente in America. Gabrielli, che proprio poche settimane fa ha ottenuto la cittadinanza americana, vive a Columbus in Ohio, lavora per il Byrd polar research, e negli anni ha portato avanti diversi studi sulle carote di ghiaccio, anche con spedizioni sulle Ande, in Tibet e in Nuova Guinea.

La spedizione che ha più a cuore è però quella condotta sull’Ortles, 3905 metri, montagna di casa, che aveva scalato la prima volta da ragazzo, quando viveva in via Unione a Rovereto, frequentava la Sat cittadina e l’oratorio di Sacco. Lì, sull’Ortles, aveva capito che c’era il ghiacciaio più antico e più alto, che avrebbe potuto raccontare, se carotato fino nel profondo, la storia climatica delle nostre Alpi e dell’epoca in cui Ötzi calcava i sentieri della val Venosta. E che si doveva fare in fretta, perché il riscaldamento globale galoppa.

Gabrielli riuscì a convincere lo staff del Byrd polar research della bontà delle sue tesi, e nel 2011 organizzò una spedizione internazionale sulla calotta glaciale più elevata dell’Alto Adige. Oggi i dati delle carote raccolte su quella montagna, e sottoposti a studi ed analisi di anni, non solo confermano quanto Gabrielli aveva ipotizzato, ma anzi danno un quadro se vogliamo anche più preoccupante.

Il ghiaccio più profondo, e quindi più vecchio, dell’Ortles, risale a 7mila anni fa. E adesso, proprio in questi anni, ha cominciato a muoversi, per la prima volta, un dato che emerge anche dagli inclinometri fissati sul ghiacciaio dai ricercatori. Il ghiaccio più profondo comincia a muoversi per infiltrazioni d’acqua e comincia così a muoversi, cosa che non succedeva da 7mila anni. «I nostri risultati hanno messo in luce l’azione di un nuovo processo che potrebbe accelerare il flusso dei ghiacciai alpini anche alle quote più elevate - spiega - contribuendo a velocizzarne il ritiro.

Con le carote di ghiaccio dell’Ortles potremo verificare precisamente come i cambiamenti ambientali in atto a livello regionale interagiscono con quelli climatici a livello globale. Il movimento del ghiaccio più profondo potrebbe essere causato dalle infiltrazioni dell’acqua di fusione superficiale, e dal fatto che ora quest’acqua, durante le estati eccezionalmente calde, stia lubrificando la parte basale del ghiacciaio, pertanto le informazioni sul clima del passato contenute nel ghiacciaio stanno per essere perdute per sempre. Siamo arrivati appena in tempo». Lo studio sul ghiaccio dell’Ortles continuerà, ma ora con un dato certo: non se ne potrà fare un altro. (m.s.)













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