«Roberto e gli anziani sotto i tatuaggi un grande cuore»

Dal Bosco della Rsa di Cavedine: «Era fatto per gli altri» Da un mese era a Povo: «Sapeva parlare con le persone»


di Luca Marognoli


TRENTO. Un sorriso dolce tra i piercing, sotto i tatuaggi un grande cuore. Quello di una persona dalle grandi qualità professionali e umane, che portava allegria e voglia di vivere ogni giorno tra i “suoi” anziani. Le parole per ricordare Roberto Sartori, 34 anni, infermiere professionale, non cambiano alla Rsa di Cavedine, dove era stato 2 anni e mezzo, e di Povo, dove era approdato da un mese. «Roberto era apprezzatissimo, soprattutto dalle famiglie e dagli anziani», dice il direttore, Livio Dal Bosco. «Estremamente socievole, scherzoso, alla mano, aveva sempre il sorriso sulla bocca e una grande capacità di rapporto con gli anziani. Prima di accettare l'incarico a Povo, dove era più vicino a casa, ha telefonato a me e alla coordinatrice: gli dispiaceva molto andare via, perché qui c'era un bel gruppo di amici, che si trovavano anche fuori. Ha mantenuto il rapporto con gli anziani: passava a salutarli, anche l'altra sera era venuto, aveva parlato con il responsabile del servizio infermieristico, un suo amico, e con qualche ospite...».

Gli anziani - prosegue - «sono increduli: abbiamo gestito quanto accaduto rispetto alle persone che sono più fragili: il dolore è enorme, una cosa difficile da accettare. Era una persona che ha lasciato il segno, per le sue modalità relazionali, la sua precisione e serietà. Al centro del nostro operato c’è la capacità di entrare in relazione con l'anziano e lui in questo spiccava: era molto diretto e aperto. Non è una cosa da tutti. Aveva scelto la professione che faceva per lui».

Il colpo non è stato ancora assorbito: «Siamo increduli. Roberto era una persona che vedevamo tutti i giorni, avevamo condiviso momenti di gioia e conseguito con lui anche l'accreditamento internazionale della struttura, unica italiana ad ottenerlo. È stata una mazzata incredibile, morire così a 30 anni... ci vorrà del tempo per assorbirla. Non lo dimenticheremo mai».

A Povo il clima di mestizia non cambia: «In questo mese abbiamo potuto apprezzare la sua professionalità, ma soprattutto la sua umanità», dice il presidente Renzo Dori. «I nostri ospiti ci hanno detto: proprio lui, quel ragazzo così bravo e disponibile... La mancanza si sente. Ha lasciato il segno in poco tempo».

Un ragazzo, Roberto Sartori, «giovane d'animo, brillante, aperto, pronto allo scherzo, vitale, fuori dai cliché dell'infermiere che dice poche parole ed è distaccato dal paziente. Il nostro ambiente valorizza il dialogo e l'attenzione all'ospite: lui si era subito “assonato”, aveva percepito il valore di avere una comunicazione molto ricca. Aveva una capacità di interloquire con gli anziani che non è da tutti».

La caposala, Lucia Rossi, ci lavorava fianco a fianco al primo piano: «Era molto dolce nei confronti dei nostri anziani, comunicativo e attento alle loro richieste», dice. «Si è inserito come una bella figura anche se le apparenze avrebbero potuto far pensare qualcos'altro, visto che era tatuato e con i piercing. La notizia ci ha lasciato basiti». Agli ospiti mancherà: «I pochi che sono in grado di relazionarsi hanno voluto sapere: “Il nostro Roberto...”, sospiravano».

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