Riva, i primi cento anni di Pino Morghen

La vecchia simpatica «quercia» del rione Degasperi ha raggiunto il secolo



RIVA. L'ha ripetuto a destra e a manca per tutta la vita: «Òmeni come mì, ne nasce uno ogni zento ani». Scanzonato, divertito e persino un filo irriverente nel suo modo di pavoneggiarsi davanti agli amici del bar; ma a conti fatti assolutamente profetico. Giuseppe "Pino" Morghen è uno dei personaggi più autentici che la Riva di un tempo ci ha lasciato in dote, preservandolo fino ai giorni nostri. Oggi il capostipite di una delle famiglie più in vista del rione Degasperi guadagna quello che è il traguardo più ambito nella vita terrena di ognuno di noi: l'ingresso nell'esclusivo club dei centenari. Saranno in tanti, questo pomeriggio, a festeggiare Pino Morghen assieme ai suoi cari che per l'occasione, a dir poco speciale, hanno organizzato una celebrazione coi fiocchi. Altro che torta e spumante sul divano di casa. Alle 15.30 ci sarà il momento liturgico con la santa messa nella splendida chiesa della frazione. A seguire un vero e proprio "party" - con tanto di buffet preparato dalle donne del comitato rionale - che prenderà vita nella saletta ricreativa della parrocchia. Al suo fianco il festeggiato avrà, come accade ormai da un'intera esistenza, la moglie Ida con cui divide la stessa abitazione di sempre, in via Pola. E poi i cinque figli e i quattro adorati nipoti: Sara, Diego, Alessandro e Stefano, quest'ultimo - l'arcense Stefano Tamburini - fresco di nomina alla presidenza della più importante società di Arco, l'ex municipalizzata Amsa, nonché già candidato sindaco. Proprio Stefano, dal nonno Pino, ha ereditato una propensione all'imprenditoria e il pensiero politico anche se il centenario rivano è sempre stato più che altro un punto di riferimento della genuinità, della voglia di mordere la vita e dell'intraprendenza tipicamente gardesane.  Un personaggione, verrebbe da definirlo. Il primo commerciante di verdura della zona, abile ambulante che sapeva perfettamente dove e cosa acquistare e soprattutto quanto pagare le patate, i cavolfiori e le carote e altrettanto bene conosceva i modi suadenti e imbonitori - efficaci soprattutto con le massaie - con i quali piazzare successivamente la propria merce. Come grossista riforniva le grandi "utenze" della zona, dagli alberghi ai sanatori fino alle caserme, commissioni che staccava grazie alle indiscusse capacità lavorative ma anche facendo leva sulla sua affabile simpatia mescolata ad un pizzico di guasconeria, che non faceva certo male.  Nel corso della sua lunga carriera, oggi tramandata alle generazioni successive, ha aperto una serie di punti vendita in giro per la città compreso quello storico in viale Rovereto. Ma la gente del Rione ama soprattutto il Pino giocatore di carte, immancabile presenza al Bar Sandro e quindi al bar Corallo, e quello che con una veloce occhiata indovinava il peso di un carico di frutta o verdura, lasciando puntualmente allibiti gli scettici di turno. Oggi gli occhi saranno magari un poco più stanchi, come le gambe (anche se non rinuncia all'uscita quotidiana per le vie del quartiere), ma la mente e in particolare lo spirito rimangono gagliardi e pimpanti.  «Qualche tempo fa - confida il nipote Stefano - voleva chiamare Silvio Berlusconi per spiegargli cosa deve fare chi comanda per farsi ascoltare nella giusta maniera da chi di dovere. Secondo lui Berlusconi non avrebbe sufficiente tempra... Fortunatamente ha desistito nella sua iniziativa».  Tanti auguri Pino. (gl.m.)













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