evasione fiscale

Ristorante, il reddito calcolato anche contando i tovaglioli

La Cassazione rigetta il ricorso di un locale trentino. Accertamento della Finanza con il «tovagliometro»



TRENTO. Si potrebbe chiamare il «tovagliometro» ed è una cosa assolutamente seria. Ossia i redditi di un ristorante possono essere verificati basandosi sul consumo di tovaglioli e tovaglie. Lo ha ribadito la corte di Cassazione che ha respinto il ricorso promosso dai titolari di un ristorante trentino, ricorso con il quale contestavano la verifica fatto dalla guardia di Finanza che aveva portato a quindici separati avvisi di accertamento, emessi ai fini Irpeg, Irpef, Irap ed Iva, per gli anni 1998, 1999 e 2000. Accertamenti con i quali «l'amministrazione finanziaria recuperava a tassazione i maggiori redditi di impresa e di partecipazione non dichiarati, sulla base del numero dei pasti - desumibile dal consumo dei tovaglioli di carta, ridotto di una percentuale di errore del 25% (il cosiddetto sfrido), e di stoffa adoperati - maggiore di quelli che risultavano dalle fatture e ricevute fiscali emesse». Una differenza numerica non poteva, era l’accusa, che corrispondere a pranzi e cene servite senza l'emissione di alcun documento fiscale. Le contestazioni mosse nei confronti del ristorante - si legge nella sentenza - andavano dalla mancata conservazione ed esibizione in sede di verifica fiscale, di un inventario delle merci in giacenza al 31 dicembre di ogni anno, dalla mancata conservazione di 40 ricevute fiscali, dalla mancata corrispondenza dei corrispettivi annotati nei Iva con quello risultanti dai documenti fiscali emessi, dalla inattendibilità dei redditi dichiarati dal 1998 al 2000. Con differenze anche molto marcate. Una situazione che ha spinto ad applicare il «tovagliometro». Con il benestare della Cassazione che in sentenza ribadisce che «è legittimo l'accertamento che ricostruisca i ricavi di un'impresa di ristorazione sulla base del consumo unitario dei tovaglioli utilizzati (risultante, per quelli di carta, dalle fatture o ricevute di acquisto, e per quelli di stoffa, dalle ricevute della lavanderia), costituendo dato assolutamente normale quello secondo cui, per ciascun pasto, ogni cliente adoperi un solo tovagliolo e rappresentando, quindi, il numero di questi un fatto noto idoneo, anche di per sè solo, a lasciare ragionevolmente e verosimilmente presumere il numero dei pasti effettivamente consumati». Un conto al quale fa applicato lo sfrido visto che dei tovaglioli possono essere usati anche in situazioni differenti, come ad esempio dalla cucina. «Per il che - conclude la Cassazione - contrariamente all'assunto dei ricorrenti, il metodo di ricostruzione del reddito societario, utilizzato dall'Ufficio, nel caso di specie, deve ritenersi del tutto legittimo». E quindi il ricorso è stato rigettato.













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