Ricicla vestiti usati, a processo

Piccolo imprenditore tunisino li spediva in patria. E’ accusato di traffico internazionale di rifiuti



TRENTO. Riciclava vestiti usati che vendeva a casa sua, in Tunisia. Ora si ritrova sotto processo per traffico illecito di rifiuti. Ha del paradossale la storia di un piccolo imprenditore tunisino che aveva cercato di sfruttare gli scarti di questa nostra società grassa e opulenta che getta via cose che spesso sono ancora in buono stato. Il tunisino, regolarmente residente in Italia, aveva stretto un accordo con le varie società che gestiscono la raccolta dei rifiuti e degli indumenti usati nei centri di raccolta materiali. Di quelle cose che nessuno vuole più aveva fatto una fonte di reddito. Così, ritirava i vestiti che altrimenti sarebbero andati al macero, li selezionava, li chiudeva in grossi pacchi e li spediva in Tunisia dove venivano venduti. Prima di spedirli in Tunisia, l’immigrato faceva anche una piccola selezione del materiale ritirato. Scartava quello inservibile, e metteva insieme gli indumenti dello stesso tipo. Ma non li lavava. Proprio questo è stato l’elemento che l’ha messo nei guai, come vedremo.

Per svolgere questa attività, il tunisino si era trasformato in un piccolo imprenditore. Aveva un piccolo capannone e anche un paio di dipendenti. I vestiti venivano inviati in Tunisia dove venivano rivenduti al dettaglio, con il prezzo che variava in base al loro stato di conservazione.

Poi, però, è partita la segnalazione alla Procura. E’ stata aperta un’inchiesta ritenendo che quelli non fossero vestiti, ma rifiuti. Infatti si trattava di indumenti che venivano gettati e consegnati ai crm. Per la Procura, quindi, si tratta tecnicamente di rifiuti che non possono essere commercializzati in quanto tale, ma devono essere trattati in un certo modo prima di essere spediti.

In particolare si rimprovera al piccolo imprenditore tunisino di non aver provveduto a «sanificare», ovvero a lavare e trattare i vestiti in questione. Un dettaglio mica da poco, visto che ha messo nei guai il tunisino che rischia una condanna penale.

La Procura, infatti, ha chiesto il rinvio a giudizio dell’uomo e la prossima settimana si terrà l’udienza preliminare. La difesa del piccolo imprenditore contesta alla radice il ragionamento dell’accusa. In primo luogo si fa notare che i vestiti inviati in Tunisia non erano rifiuti, ma oggetti che potevano essere riutilizzati. Oggetti che, se non valevano più niente qui, potevano comunque essere rivenduti in Tunisia e valevano ancora qualcosa.

La difesa, poi, fa presente che il tunisno svolgeva una vera e propria attività di selezione e cernita. Trattava in qualche modo i vestiti. Separava quelli del tutto inutilizzabili dagli altri. Poi metteva insieme gli indumenti simili e, infine, spediva tutto. Quindi era merce che non poteva certo considerarsi come rifiuto.

Altra considerazione che viene svolta dalla difesa è che l’attività di raccolta veniva svolta in convenzione con le imprese che gestiscono la raccolta dei rifiuti in Trentino. Quindi non si trattava di un’attività irregolare, ma era autorizzata. Adesso sarà il giudice dell’udienza preliminare a stabilire se il tunisino ha commesso un reato oppure ha solo svolto un’attività imprenditoriale.

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