Presunte truffe sul vino: il gip di Trento archivia le accuse al Feudo Arancio di Rizzoli

L'inchiesta era nata da un'indagine proprio della Guardia di finanza, coordinata dalla Procura di Ragusa, e ipotizzava l'utilizzo di denaro pubblico per compravendite fittizie. L'imprenditore e manager trentino aveva sempre respinto gli addebiti, in particolare le accuse di rapporti con società mafiose



TRENTO. Il Gip del Tribunale di Trento, Michele Maria Benini, ha accolto la richiesta del Pm Alessandra Liverani e archiviato l'inchiesta giudiziaria riguardante Feudo Arancio e, in particolare, il fabbricato cantina-agroindustriale di Acate (Ragusa) della Future tecnologie agroambientali srl sequestrata dalla Guardia di finanza nel luglio dello scorso anno.

L'inchiesta era nata da un'indagine proprio della Guardia di finanza, coordinata dalla Procura di Ragusa, e ipotizzava l'utilizzo di denaro pubblico per compravendite fittizie. Otto le persone coinvolte nei confronti delle quali sono cadute tutte l'accusa di associazione per delinquere finalizzata alla truffa in danno dello Stato e dell'Unione Europea.

Nello specifico, l'azienda di cui Fabio Rizzoli è amministratore delegato era accusata di avere acquistato la cantina del Feudo Arancio da una società appartenente al suo medesimo gruppo societario. Si tratta del Gruppo cooperativo del settore vinicolo e frutticolo trentino Mezzacorona, di cui amministratore delegato era stato lo stesso Fabio Rizzoli.

Di qui il sequestro della struttura poi dissequestrata lo scorso 26 ottobre con l'ordinanza del Tribunale di Trento, che aveva accolto la richiesta degli avvocati difensori Luigi Olivieri di Trento e Michele Sbeffi, di Ragusa. Contestualmente era stata disposta la restituzione alla società, della somma di 1,455 milioni di euro equivalente alla terza tranche di contributo pubblico. Il sequestro riguardava l'intera azienda vinicola e denaro contante per complessivi quattro milioni di euro posto in uno dei feudi che da decenni rappresentano interessi storici di Cosa Nostra.

Già in fase di indagine Rizzoli aveva affermato che ''le ipotesi accusatorie di truffa sono assolutamente infondate e frutto in una lettura non corretta di quanto avvenuto in sede di acquisto dei beni da parte della società medesima''. L'ex amministratore delegato del Gruppo cooperativo del settore vinicolo e frutticolo trentino Mezzacorona, aveva inoltre precisato che "né la società né personalmente abbiamo mai avuto alcun rapporto o attività con società e persone ritenute mafiose".













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