Più assunzioni in Trentino, ma da precari

Ora le aziende richiedono manodopera. Con contratti a termine


Giuliano Lott


TRENTO. Sono oltre diecimila i precari che lavorano in provincia di Trento, di cui alcune centinaia nel pubblico impiego. Un fenomeno che rappresenta solo una parte dei contratti a termine, 27 mila in tutto, tra i quali vengono però incluse alcune categorie di lavoratori che non rischiano di rimanere senza prospettive per il futuro. E' il caso di alcune migliaia di lavoratori stagionali, legati ai flussi del turismo, e gli apprendisti, molti dei quali sono destinati a veder mutato il proprio rapporto di lavoro dal tempo determinato all'indeterminato. Le nuove assunzioni. Nei primi otto mesi del 2010, dopo l'annus horribilis 2009, la dinamica delle assunzioni nella provincia di Trento è tornata grosso modo ai livelli del 2008. Rispetto al periodo gennaio-agosto del 2009, le assunzioni sono cresciute di 3656 unità, con una variazione del +4,9%. Sugli otto mesi, il saldo è positivo perché, confrontate con le 75.919 cessazioni, le assunzioni sono risultate 78.209: +2.290 unità. La crescita riguarda soprattutto il secondario (+18,4% rispetto allo stesso periodo del 2009) e anche il terziario guadagna (+4,7%), dove però cala il numero degli occupati (circa cento in meno rispetto al 2009), persi in particolare dal commercio (-1,4%) e dai pubblici esercizi (addirittura -10,2%). In flessione l'agricoltura, dove sono stati persi circa 650 posti rispetto al 2009 (-30,7%). I nuovi assunti sono soprattutto maschi (+2.203, +6,4%) ma anche le donne occupate sono aumentate (+1.453, +3,6%), e gli stranieri fanno la parte del leone (+1.961, variazione del +9,3%), superando nei valori assoluti gli italiani (+1.695, +3,2%). I contratti a termine. La crescita nei primi otto mesi dell'anno riguarda soprattutto i contratti a termine, aumentati di 2.601 unità, equivalente a un incremento percentuale del +3,9%. Tra le varie formule contrattuali, in fortissima ascesa il contratto "a chiamata", finora poco utilizzato: da gennaio ad agosto è stato applicato in 6.067 casi, con una crescita di 1.885 unità e una variazione che raggiunge la vertiginosa percentuale del +45,1%, soprattutto grazie alle assunzioni nel terziario e in particolare nel comparto dei pubblici esercizi. Calano invece i contratti di apprendistato: -4,3%, con una perdita secca di 192 posti di lavoro. «Dati significativi - spiega Franco Ianeselli della Cgil - perché indicano che se da un lato c'è' una ripresa delle assunzioni, gli imprenditori non vogliono impegnarsi sul lungo periodo, preferendo, nell'incertezza dovuta all'instabilità dei mercati, forme contrattuali a termine». I precari «veri». Nel 2010 sono aumentati i licenziamenti collettivi imputabili a crisi aziendali (oltre 4.500 gli iscritti nelle liste di mobilità), ma la dinamica delle assunzioni rileva valori positivi nei primi otto mesi dell'anno. «Ma tra i cosiddetti precari - argomenta Ianeselli - non ci sono soltanto i lavoratori dipendenti. C'è una consistente quota di lavoratori autonomi "a partita Iva", qualche centinaio di persone che guadagnano attraverso collaborazioni a progetto, che rientrano nel precariato. Si tratta di persone la cui posizione formalmente autonoma nasconde in realtà una paradipendenza perché quasi sempre hanno un'unica committenza. Rappresentano la fascia più difficile da tutelare: vanno innanzi tutto riconosciuti tra le diverse figure di liberi professionisti. Ma in generale sono due le fasce a maggior rischio: i giovani e le donne». Deleghe provinciali e ammortizzatori sociali. Tra l'assessore di riferimento - nientemeno che il presidente della Provincia Lorenzo Dellai, ad interim - e il sindacato ci sono già stati alcuni incontri, ma ora inizia il vero lavoro di concertazione, alla luce dell'attuazione del cosiddetto Accordo di Milano, tra i cui elementi salienti c'è appunto la delega agli ammortizzatori sociali. «Il tentativo è di stabilire degli incentivi economici per le aziende che stabilizzano i lavoratori - sostiene Ianeselli -, norme presenti già nel piano anticrisi del triennio 2007/10, che dovranno essere perfezionate e adattate alla nuova situazione. Poi dobbiamo garantire continuità di reddito in presenza di discontinuità lavorativa. In particolare per i giovani. Con le misure anticrisi abbiamo già facilitato i requisiti per l'accesso agli ammortizzatori sociali. Ma il vero scatto dovrebbe avvenire a livello nazionale, applicando meccanismi di disincentivo del lavoro temporaneo». Bisognerebbe far costare di più il contratto a termine? «Sì. Oggi c'è una sostanziale equiparazione contributiva e retributiva tra il lavoro a tempo determinato e indeterminato. Bisogna intervenire su entrambi i livelli».

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