Per il neopresidente risveglio da papà-tassista

«Diluviava, ho bevuto il tè e alle 7 ho accompagnato mio figlio alla Trento-Malé» Dopo la festa al Forst, risotto ai funghi tra amici. «Ma a mezzanotte ero a casa»



TRENTO. Non dite a Lorenzo Dellai che la sua Upt, essendo ora la terza forza della coalizione, appare destinata a perdere la tradizionale funzione di fulcro del centrosinistra autonomista: vi replicherebbe con fastidio «questa è una vera banalità...». Proponendogli invece di partire articolando una valutazione a mente fredda del risultato del suo partito, avreste una risposta politicamente più interessante. Come questa: «Abbiamo subìto un’opa ostile che ci è costata alcuni punti percentuali, ma sapevamo che poteva accadere. Speravamo in qualcosa di più, in virtù della forza della lista che proponevamo, estremamente qualificata, ma viste le circostanze il risultato è soddisfacente».

Quindi opa respinta?

Assolutamente sì. Consideri che per la prima volta il candidato presidente non era espressione del nostro partito e che abbiamo dovuto fronteggiare una campagna tutta giocata contro di noi, per giunta da parte di chi con noi aveva condiviso un percorso. E che dunque aveva contatti e agganci nel nostro mondo. Abbiamo resistito a questa linea convintamente e con coerenza rispetto a quanto fatto in questi anni.

Quindi l’Upt rimane il baricentro della coalizione a dispetto dei numeri?

Una parte importante dell’elettorato ci ha votato assegnandoci esattamente questa funzione politica nell’ambito della coalizione, in cui ciascuna forza avrà il ruolo che le deriva ai risultati: noi abbiamo respinto gli attacchi e siamo presenti in Consiglio con una delegazione compatta e qualificata.

Sta suggerendo che gli alleati hanno portato invece in Consiglio figure che potrebbero rivelarsi, come dire, “divisive”?

Sono certo di essere facile profeta nel dire che la coalizione avrà bisogno del contributo dell’Upt anche da questo punto di vista: un ruolo di cerniera tra due gruppi consiliari, quelli di Pd e Patt, che hanno al loro interno figure dalla spiccata personalità.

In questi mesi l’Upt puntava ad allargarsi ad altre realtà, ora il ridimensionamento elettorale: processo bloccato o solo interrotto?

Il nostro è un investimento politico sul futuro. L’obiettivo dichiarato al congresso, e ripetuto in tante altre occasioni, non cambia: incontrare persone esterne al nostro perimetro di stretta osservanza. La nostra lista era stato il primo segnale importante in questa direzione. E il 13% ottenuto un riconoscimento del tutto onorevole, che ci sprona a completare il progetto. Nei prossimi giorni avremo riunioni per stabilire tempi e modi delle ulteriori iniziative.

E se Rossi dovesse tornare alla carica con il progetto della “Casa dei trentini” con cui unire Patt e Upt?

Credo che ora Rossi abbia ben altri pensieri in testa. Oggi per noi è il tempo di consolidare i nostri progetti, per il domani si vedrà.

Il consolidamento passa per un’analisi dei punti deboli. Quali sono quelli indicati dal voto?

Segnali negativi sono venuti soprattutto dalle città: qui va ricostruita una presenza importante, che passa anche per la valorizzazione dei candidati che non sono risultati eletti. Sono una risorsa straordinaria da cui partire per organizzare una forma partito innovativa, perché i riferimenti ai territori e la capacità di dialogo e presenza non bastano più.

È insomma ottimista sul riassorbimento di quell’elettorato che vi ha preferito Progetto Trentino.

Riprenderemo i consensi di un tempo. E sa cosa le dico? Quei signori hanno fatto tanto chiasso, ma per che cosa? Cos’hanno ottenuto? Qualche voto in meno a noi e molti in più al Patt: ne valeva la pena? Se lo chiedano, i loro elettori: ne valeva la pena?

Ha parlato prima dei candidati non eletti. Puntavate molto sull’ex presidente delle Acli Arrigo Dalfovo, era addirittura il capolista: è finito al sedicesimo posto per preferenze. Se lo aspettava un risultato così negativo?

Dalfovo è uomo di grandi qualità e sensibilità, ma fra il tira e molla su Pacher e le successive primarie, troppo poco è stato il tempo a disposizione per valorizzare persone, come lui, che l’opinione pubblica non identificava immediatamente come candidati politici. I meccanismi elettorali sono spietati. Ma rimane un’architrave del nostro futuro politico, al pari di tutti gli altri candidati. Servono pazienza e coraggio. ©RIPRODUZIONE RISERVATA













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