Pd, patto a tre per Gilmozzi segretario

Ruolo forte per Olivi. L’assessore garante di una saldatura con l’ala renziana e quella di Nicoletti-Civico-Borgonovo


di Chiara Bert


TRENTO. «Di tutto ha bisogno il Pd trentino fuorché di un traghettatore-pacificatore, così sancirebbe la sua estinzione. Il Pd ha bisogno di un confronto e di una scelta politica forte e la mia candidatura ha senso solo se raccoglierà un’ampia condivisione». Italo Gilmozzi, assessore comunale a Trento, è pronto a raccogliere la sfida lanciata lunedì sera al Marinaio da Alessandro Olivi. Il vicepresidente della Provincia non ha ancora rinunciato del tutto all’idea di scendere in campo in prima persona, ma - come ha scritto all’indomani dell’incontro con gli amministratori Dem - preferirebbe di gran lunga non farlo, e restare in giunta, se qualcun altro facesse un passo avanti. E a due settimane dal termine per le candidature, è sul nome di Gilmozzi - già coordinatore-traghettatore nel 2013 di un Pd in piena crisi di nervi dopo le dimissioni di Nicoletti e alla vigilia delle elezioni provinciali - che si concentrano i tentativi di arrivare ad una mozione condivisa. Quanto potrà essere condivisa è quello che si sta sondando in queste ore.

Quello che si va delineando è un accordo tra diverse aree del partito, con Gilmozzi garante di un patto che, accanto all’area più governativa rappresentata da Olivi, e a quella renziana doc di Giorgio Tonini e Elisa Filippi (che il nome di Gilmozzi lo sponsorizzano da tempo), includerebbe anche l’area di Michele Nicoletti, Mattia Civico e Donata Borgonovo-Re, gli ex kessleriani che nessuno vuol più definire tali e che acquisirebbero un’agibilità politica ai vertici del partito (e la ricandidatura di Nicoletti alle prossime politiche). «Da questo punto di vista occorre resettare il passato», ripete Gilmozzi, «in passato il confronto e lo scontro nel Pd è sempre avvenuto sui nomi, oggi vediamo se è possibile ritrovarci su una linea politica, il confronto con un certo movimentismo nel partito non può essere accantonato».

Posto che Olivi non vuole lasciare la giunta, e che Civico non è considerato un nome in grado di creare una larga convergenza, Gilmozzi ha dalla sua il fatto di essere quello su cui si concentrano meno veti: ha esperienza amministrativa, ha dimostrato buon senso nella gestione dei rapporti interni e vanta un certo appeal popolare. Se fosse lui il candidato al congresso, si andrebbe verso una segreteria robusta con figure forti destinate ad almeno due ruoli chiave: i rapporti con la coalizione (ruolo che potrebbe essere ritagliato per Olivi) e i rapporti con il nazionale, che un’ampia fetta del partito non vuole lasciare solo all’area renziana.

I prossimi giorni diranno se le trattative approderanno a un risultato. Dentro il gruppo consiliare, esponenti come Luca Zeni, Sara Ferrari e Lucia Maestri non avrebbero preclusioni su Gilmozzi. Resta da capire cosa farà l’ala di Alessio Manica e Bruno Dorigatti, quella che fin qui aveva detto no alla candidatura Olivi ritenendo che il vicepresidente dovesse restare in giunta, e che si è esposta per i giovani amministratori orientati a candidare Elisabetta Bozzarelli o Luca Paolazzi.

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