Parisi: serve un centrodestra di governo

L’ex manager candidato a Milano: «No alla riforma, sì all’autonomia». Ma la Lega si smarca: «Sua posizione non chiara»


di Chiara Bert


TRENTO. Ripartire dai valori della comunità, del lavoro, dell’impegno. Da un «confronto civile che non demonizza l’avversario». Da un centrodestra di governo con una «proposta credibile che non si limita a criticare Renzi e il centrosinistra», per costruire «un Paese più coeso e non spaccato come oggi». Stefano Parisi, ex manager e ex candidato sindaco di Forza Italia a Milano contro Giuseppe Sala, lancia anche in Trentino il suo manifesto di centrodestra moderato e liberal-popolare. Lo ha fatto ieri a Mezzocorona, al convegno organizzato da Forza Italia al PerlerHof su «Quale futuro in Europa per le regioni alpine?», invitato dall’europarlamentare forzista Elisabetta Gardini e dal consigliere provinciale Giacomo Bezzi.

Ma se l’obiettivo era ricompattare il centrodestra, la prima defezione è di quelle che politicamente pesano. Maurizio Fugatti, segretario e consigliere provinciale della Lega Nord, fa un rapido passaggio a Mezzocorona: «Sono andato a salutare Bezzi e Gardini, con Forza Italia a livello locale lavoriamo bene», dice. Ma nel pomeriggio, quando interviene l’ex manager, Fugatti non c’è: «Per quanto riguarda il livello nazionale la posizione di Parisi non è chiara e appositamente noi non ci sbilanciamo», fa sapere il segretario leghista.

In sala si fanno vedere diversi ex, Giacomo Santini, Mario Malossini, Ivo Tarolli, Pino Morandini, Claudio Eccher (che invoca autocritica: «In Trentino abbiamo giocato al massacro, quando il centrosinistra aveva un candidato noi ne avevamo quattro, in Comune a Trento avevamo una Ferrari (Divina, ndr) e non l’abbiamo messa in campo per questioni personali»), i consiglieri provinciali Marino Simoni e Gianfranco Zanon (Progetto Trentino), Claudio Cia e Manuela Bottamedi, per la Civica c’è il capogruppo comunale a Trento Andrea Merler, per FdI Marika Poletti. E in prima fila al forum su Regioni e Europa c’è anche il sindaco di Segonzano Pierangelo Villaci, fresco leader della protesta contro la Provincia per i tagli alle guardie mediche. Non c’è la deputata Michaela Biancofiore, da tempo in rotta con Gardini e Bezzi.

«Tra pochi mesi probabilmente dovremo governare il Paese - è il pronostico di Parisi - serve un centrodestra di governo con una proposta credibile. Non possiamo solo criticare Renzi e il centrosinistra, dobbiamo ritrovare la nostra identità». Cosa intende, per identità, l’ex sfidante di Sala lo spiega parlando di valori: famiglia innanzitutto, ma anche - a sorpresa forse - comunità, lavoro, impegno, «che contrastano con i valori della sinistra che sono legati ai diritti individuali, è una sinistra arida».

L’ex manager, già direttore generale di Confindustria, sfodera i toni di una destra moderata che l’Italia non conosce, lontana anni luce da quella di Matteo Salvini. Niente toni gridati: «La politica dev’essere aggressiva sui contenuti ma civile nel confronto, l’avversario non è un nemico della democrazia». In molti dentro Forza Italia non lo amano, Brunetta solo due giorni fa lo ha liquidato così «Parisi chi?», lo stesso Berlusconi nutre dubbi sulla sua capacità di entrare in connessione con gli elettori. «Il mio non è un comizio», quasi si è giustificato lui ieri a Mezzocorona. «Il nostro è un futuro complesso, bisogna studiare. Non aspettate che arrivi da Roma la linea, il buon senso degli amministratori va ascoltato», incalza gli amministratori. Bolla la sinistra e l’Europa come «elitarie», «calano dall’alto le soluzioni». Ma, ammette, «non basta dire che l’Europa non va bene, dobbiamo dire che europa vogliamo». Ancora: «La politica è il coraggio di fare scelte senza guardare al consenso immediato, su ambiente, sicurezza del territorio, infrastrutture. Guardare al lungo periodo, altro che 80 euro», è una delle frecciate che Parisi lancia all’indirizzo di Matteo Renzi. In economia, avverte, «la crescita non la fa la spesa pubblica ma gli investimenti privati, per cui bisogna aiutare le aziende, dalla burocrazia al fisco alla giustizia. Invece la sinistra di Renzi continua a lavorare sul sospetto dei cittadini e delle imprese».

Al centro della discussione ieri non poteva non esserci il prossimo referendum costituzionale. Parisi boccia senza appello la riforma Boschi, ma senza mai tirare in campo Renzi: «È una cattiva riforma da cui non ci riprenderemmo per i prossimi vent’anni, un compromesso che produrrà ancora più confusione nel nostro ordinamento, nei rapporti tra Stato e enti locali e con un Senato dove non si sa se i senatori risponderanno ai partiti o alle Regioni». In terra di autonomia fiuta che è meglio criticare «la logica centralista della riforma»: «Serve un governo più forte e più stabile, e questo la riforma costituzionale e la nuova legge elettorale non lo garantiscono. Se certe Regioni non funzionano, dobbiamo mettere vincoli e costi standard. Ma serve il federalismo fiscale, che significa responsabilità in capo all’autonomia e che è il contrario dell’elemosina come oggi Renzi fa con Sala a Milano». Prima di lui, nel corso del convegno, erano arrivati altri appelli per il no. «Questa è una riforma che divide», dice Tarolli, «le Costituzioni si fanno per unire un popolo». Per Morandini non vanno né il metodo né i contenuti: «No a una riforma approvata a colpi di maggioranza. No a uno Stato accentratore. E no a un premio di maggioranza che ci porta in un sistema antidemocratico».

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