Olivi: «L’Euregio si schieri contro la follia austriaca»

L’assessore stigmatizza l’ipotesi di barriere al Brennero «Questo è il vero banco di prova dell’autonomia»


di Luca Marognoli


TRENTO. “La decisione dell’Austria è follia! L’Euregio ora dimostri che la cooperazione transfrontaliera significa solidarietà tra i popoli alpini, risposta politica e culturale all’Europa dei beceri nazionalismi. Diversamente rimarrà un vuoto contenitore buono solo per convegni e bandierine!”. Lo scriveva ieri su Twitter l’assessore Alessandro Olivi, che tra le sue competenze ha anche il coordinamento degli interventi e dei progetti attuativi delle politiche comunitarie.

Si aspettava questa presa di posizione di Vienna?

No, sinceramente no. Io davvero la considero una decisione gravissima sul piano politico e del rapporto soprattutto con gli altri territori e le altre nazioni. Se tutti facessero così, i primi a dover erigere barriere dovrebbero essere i Paesi che stanno in trincea da anni rispetto a questa emigrazione forzata e questo significherebbe seminare divisione e non accettare una sfida che l'Europa deve accettare. Che è quella - sia chiaro - del rigore, di regole che non prevedano alcun cedimento che ci trasformi in una mera terra di approdo senza condividere una responsabilità più ampia. Ma se ci mettiamo a costruire muri e barriere tra Stati, l'Europa - e lo ha scritto benissimo il vostro direttore - non esiste più. Punto. L'Europa deve esistere su questo, prima ancora che sulla finanza e il mercato comune.

E il silenzio assordante della Regione, ci cui parla lo stesso Faustini?

Io so che domani (oggi, ndr) ci sarà l'incontro fra presidenti. Credo che valga la pena attendere e capire assieme quale sia la risposta più adeguata, aldilà di dichiarazioni a caldo. Io la mia l'ho già detta in questo stringato tweet. Premesso che la decisione folle dell'Austria va stigmatizzata come una scelta di fuga dalle responsabilità, di difesa del proprio spazio e quindi la rinuncia a sentirsi dentro a un processo in cui l'Europa deve essere una terra che fissa delle regole ma non può chiamarsi fuori da un fenomeno che ha che fare con i diritti per una politica dal volto umano e non solo delle burocrazie o dei nazionalismi più beceri. Quanto alla nostra posizione, io spero che da questo vertice esca una voce molto nitida. L'Euregio inteso come progetto di cooperazione transfrontaliera in divenire è, secondo me, in un momento come questo, messo alla prova. Quando si tratta di esibire buoni intenti di cooperazione e costruire su temi inevitabilmente più facili un tessuto di relazioni, va bene; però adesso da tre regioni alpine che stanno di qua e di là delle Alpi e hanno deciso di cooperare mi aspetto che dicano che questo confine fisico non deve diventare un confine culturale e una barriera politica antidemocratica. La montagna non ha mai espulso, ma conosce e ha saputo coltivare l'integrazione.

Tra l'altro c'è stata l'esperienza dei tantissimi trentini emigrati...

Esatto. L'Euregio o dimostra che serve a lanciare una chiara voce all'Europa dei nazionalismi, dicendo che non possiamo fare ognuno quello che ci conviene per il quieto vivere dei singoli, altrimenti prenderemo atto che si tratta di uno spazio in cui discutere e fare assieme solamente cose che non disturbano nessuno. Questa struttura, spesso esibita con molto orgoglio ed enfasi, deve saper dare una risposta.

Una presa di posizione comune rafforzerebbe anche il peso dell'autonomia, verso Roma e Vienna.

Assolutamente. Io penso che sia un banco di prova anche per questo: per dimostrare che l'autonomia non è un gioiello prezioso che vogliamo custodire in uno scrigno inespugnabile, ma soprattutto esercizio di responsabilità.

L'Euregio può avere un peso politico di questa portata?

È difficile che lo abbia per gli strumenti di cui dispone, però una voce politica forte, un segno culturale, sarebbe già un bel passo in avanti.

©RIPRODUZIONE RISERVATA













Scuola & Ricerca

In primo piano