«Non rappresentiamo più solo il Patt»

Panizza: «Il governo ci chiede responsabilità. L’anarchia ci ha già spaccati». E vola a Washington all’insediamento di Trump


di Chiara Bert


TRENTO. «Oggi non rappresentiamo più solo le istanze del Patt. Quando sei al governo ed esprimi il leader della coalizione, devi farti carico delle istanze della maggioranza e del Trentino. Questa è la responsabilità che abbiamo oggi». Non sono giorni facili per il segretario del Patt Franco Panizza, alle prese con il «processo» interno a Walter Kaswalder, un pezzo di storia autonomista, e con la vicenda Baratter tornata alla ribalta dopo la scelta del consigliere di chiedere la messa alla prova rinunciando al processo che lo vede imputato per il «patto elettorale» con gli Schützen.

Segretario Panizza, Walter Pruner ricorda che epurazioni e sanzioni non hanno mai portato bene ai partiti. Il Patt è pronto a espellere Kaswalder?

«Non c’è stata nessuna epurazione. Il Patt è fatto di persone che discutono, abbiamo sul territorio un’organizzazione capillare come nessun altro partito, ma abbiamo anche delle regole per evitare gli errori del passato, quando l’anarchia su ogni tema ha portato sempre alle spaccature e a un Patt ininfluente nelle decisioni. Nessuno rimpiange quando il Patt non aveva una linea politica e Andreotti andava al governo con il centrodestra. Siamo un partito che discute prima. Poi, una volta deciso, si compatta su quella linea. Così abbiamo eletto due parlamentari e vinto le primarie per la presidenza della Provincia».

Il prezzo da pagare è rompere con l’ala storica e identitaria degli autonomisti?

«No, il Patt non ha perso nulla della propria identità. Io ho il massimo rispetto per le battaglie del passato, le ho fatte tutte, dalla Samatec a quella contro la chiusura degli asili. Ma oggi poi non rappresentiamo più solo le istanze del Patt. Quando stavamo all’opposizione potevamo permettercelo, oggi non possiamo più fare testimonianza. Quando esprimi il leader della coalizione hai una responsabilità in più: devi farti carico delle istanze della coalizione e soprattutto del Trentino».

Kaswalder non è un iscritto qualunque, è stato presidente del partito fino a pochi mesi fa.

«Ci sono iscritti anche prima di Kaswalder, ricordo che il presidente onorario del partito, Giulio Pompermaier, lo ha pubblicamente richiamato per il suo comportamento. Con Kaswalder lo scontro non è più politico, è sul piano personale, del rispetto: se parli male dei colleghi, se parli contro il tuo presidente, se fai campagna sul territorio con le minoranze, se offendi su Facebook, fai una scelta. C’è differenza tra esprimere posizioni e ostentare il dissenso».

Pensa che abbia già un altro progetto politico?

«Non lo so, ognuno è libero di portare avanti il progetto che ritiene, ma deve rispettare le regole. Regole che non ha deciso Panizza, le ha proposte Kaswalder al congresso di Vigolo Vattaro».

La corsa al consenso non rischia di snaturare il Patt?

«Quali sarebbero tutte queste persone salite sul carro del vincitore? Uno come Stanchina, che viene dal Pd, ha rinunciato alla presidenza della circoscrizione. E poi scusate, Francesco Moser e Beppo Todesca da dove venivano? Se vuoi crescere devi per forza aprirti. La discriminante per noi è credere nell’autonomia, non la provenienza. Siamo il partito che ha rinnovato di più, al Patt non interessano le poltrone».

Dall’Itea all’A22 alla Fondazione Mach, non sosterrà che non avete messo vostri uomini...

«Nessuna corsa al potere per il potere, è stata premiata la capacità, come nel caso di Menapace alla Mach. All’Itea c’era un vicepresidente che ha lavorato bene ed è diventato presidente. Girardi ha salvato la Cantina di Lavis, Rudi Oss a Dolomiti Energia ha portato avanti partite delicatissime».

Andreotti dice: serve un partito più indipendente dal governo della Provincia. Cosa risponde?

«Ma se lui da presidente si è sempre lamentato di avere il partito contro! Ricordo che a quell’epoca sono cadute tre giunte in cinque anni».

Kaswalder e Baratter: secondo alcuni il Patt ha adottato due pesi e due misure.

«No. Baratter è arrivato al partito non per i voti, si è avvicinato con un percorso culturale lungo e di grande serietà».

Il suo patto elettorale con gli Schützen non è politicamente grave?

«Un conto è promettere voti in cambio di un appalto, altro è pensare che tra Baratter e gli Schützen fosse voto di scambio. Può dirlo solo chi non conosce Baratter. Probabilmente non se la sentiva di reggere tutti i gradi del processo con la sofferenza personale che comporta. Ha scelto di chiudere questo capitolo. Io lo capisco e rivendico che in un partito l’aspetto umano conta eccome».

Ieri sul caso Baratter è intervenuto anche il governatore Ugo Rossi che si è schierato con forza a sostegno dell’ex capogruppo: in aula, durante la seduta di consiglio, è andato a sedersi nei banchi del Patt ed è rimasto a lungo a parlare con Baratter. Poi, interpellato sulla scelta processuale del consigliere, ha dichiarato: «Quando leggo qualcuno dire che “la persona rinuncia a dimostrare la propria innocenza”, siamo fuori. In Italia non si deve dimostrare la propria innocenza, è il sistema giudiziario che deve dimostrare la colpevolezza delle persone. Mi fermo qui».

Oggi intanto Panizza partirà alla volta di Washington dove venerdì parteciperà - in qualità di membro dell’assemblea parlamentare della Nato - all’insediamento di Donald Trump come 45° presidente degli Stati Uniti. «Sarà una giornata speciale, indimenticabile - dice il senatore - è un onore essere lì quel giorno, assieme ai rappresentanti di tutto il mondo. Soprattutto sarà l'occasione per testimoniare il forte legame d'amicizia tra l'Italia e gli Stati Uniti, ma anche quello della nostra Provincia, per via dei tanti nostri conterranei che vivono lì». Su Trump il giudizio è prudente: «Mi auguro che certe spigolosità vengano archiviate assieme alla campagna elettorale. L'America è il nostro principale alleato da 70 anni e questi rapporti vanno ben al di là dei colori dei governi o dei presidenti. Come europei, siamo chiamati a confrontarci con il nuovo presidente per costruire un rapporto di fiducia e collaborazione. È prematuro esprimere un giudizio. Sulla sua posizione assunta con la Russia, mi sembra positiva: se miglioreranno i rapporti, a beneficiarne sarà soprattutto l'Italia».

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