«No allo scontro totale con il governo»

L’ex senatore Postal: «Basta gridare all’assedio dell’autonomia, il Trentino lavori in silenzio con i parlamentari»


di Chiara Bert


TRENTO. «Attenti, gridare “al lupo al lupo” non serve, lo scontro frontale non è opportuno. Meglio lavorare in silenzio, difendere le prerogative dell’autonomia ma senza farlo in modo esasperato. E prepararsi a dare, perché l’emergenza chiama in causa tutti». Giorgio Postal, parlamentare per sei legislature, la prima nel 1972, prima alla Camera poi al Senato, analizza la difficile fase dell’autonomia e dei rapporti tra la Provincia e Roma.

Senatore Postal, sembra saltato ogni schema nei rapporti Trento-Roma. Con il governo tecnico non c’è più spazio per la trattativa politica?

Siamo in presenza di un governo tecnico con cui è difficile instaurare una trattativa politica. Ma siamo anche in presenza di un governo tecnico che conosce poco o niente non solo i meccanismi politici ma anche il quadro da cui dipende il nostro sistema autonomistico, le sue ragioni storiche e il presidio giuridico-costituzionale che lo sostiene.

Per questo le differenze agli occhi di Roma si azzerano, il Trentino uguale alla Sicilia?

Questo è il rischio, che si faccia di tutta l’erba un fascio. Mentre va fatta una distinzione tra le autonomie speciali, ma occorre anche tenere conto delle garanzie giuridico-costituzionali che stanno alla base di un’autonomia.

Gli ultimi mesi sono stati una continua battaglia a suon di ricorsi tra Trento e Roma, e le ultime settimane, dai tagli alla spesa all’energia, vengono letti come un’attacco all’autonomia. Qual è il suo giudizio?

Ho l’impressione che il grido “al lupo al lupo” non sia opportuno. Nel senso che la situazione è difficile, le trattative vanno condotte a tutti i livelli, le delegazioni parlamentari vanno attivate. Ma trasmettere all’opinione pubblica il messaggio di un’autonomia sotto assedio non mi pare per niente utile. Mi pare utile lavorare in silenzio e raccogliere tutte le energie possibili. Non bisogna esasperare, perché se uno guarda i telegionali e legge i giornali si rende conto della situazione. A ciascuno il suo, vediamo di trovare un giusto punto di equilibrio.

Sul fronte dell’azione parlamentare i margini d’azione sembrano minimi. È così?

Naturalmente è cambiato tutto, da tutti i punti di vista. In passato c’era una delegazione parlamentare unita sulle grandi questioni che riguardavano il Trentino e l’autonomia. Di più: c’era una delegazione unita a livello regionale, la stessa Svp si univa alla delegazione trentina su numerosissime questioni. C’era sempre un confronto. Oggi è cambiato tutto, e nel tutto è cambiato il fatto che siamo in presenza di un governo tecnico e di una situazione di emergenza. I confronti non reggono, siamo su un altro pianeta.

Negli ultimi giorni si è aggiunto lo scontro sulle iniziative parlamentari di Lega e Pdl, dalle Comunità alla Valdastico alla Protezione civile? Sono dispetti a Dellai?

Ha ragione Dellai. Stiamo cadendo su delle bazzecole quando abbiamo di fronte sfide difficili e un’autonomia da salvaguardare.

Pensa che abbia sbagliato Dellai quando, dopo la caduta del governo Berlusconi, si è appoggiato quasi solo ai parlamentari del centrosinistra?

Assolutamente sì. Quando si parla di questioni di comune interesse, la delegazione va messa attorno a un tavolo. Negli ultimi vent’anni una distorsione della prassi politica ha del tutto sottovalutato il ruolo della delegazione parlamentare: si è pensato che ci sono l’autonomia, la Commissione dei 12 e la trattativa bilaterale tra Stato e Provincia. In realtà le delegazioni sono quelle che in tutti i passaggi fondamentali devono essere attivate.

Cosa può difendere il Trentino senza chiamarsi fuori dai sacrifici del Paese? Qual è il punto di caduta?

Vanno salvaguardate tutte le prerogative dell’autonomia, ma conta il modo in cui questa questione viene posta. È chiaro che se il governo non rispetta il nostro Statuto andremo alla Corte Costituzionale, ma è evidente che se ci andiamo mentre l’Italia fa default, i nostri ricorsi serviranno a poco. È giusto tutelare ciò che ci spetta dal punto di vista giuridico, ma è giusto farlo lungo una linea non esasperata, non di scontro frontale. Nelle ultime settimane abbiamo invece assistito a un bombardamento.

Qual è il suo giudizio sul governo Monti?

Il governo Monti fa quel che può nelle condizioni date, con la maggioranza che si ritrova. E ogni volta infatti che nasce qualche incertezza che tocca la sua stabilità, subito paghiamo gli effetti sui mercati.

A Roma veniamo visti come chi difende l’indifendibile. Si può cambiare questa immagine?

Non se ne esce facilmente. La percezione che l’autonomia trentina fosse un privilegio comincia a nascere trent’anni, ancora ai miei tempi. Già allora eravamo costretti a rincorrere ogni disegno di legge e infilarci una norma di salvaguardia delle Province autonome. È una storia antica, che non si risolve in poco tempo e soprattutto in condizioni generali come queste. A livello nazionale pesa poi una disinformazione che mette sullo stesso piano il Trentino Alto Adige e le altre Regioni, confronta le spese senza ricordare che c’è un abisso di competenze.

Anche Cacciari ha detto però che il Trentino amministra bene ma è «strafavorito». C’è del vero?

Solo in parte. Non c’è dubbio che in passato c’è stato un trasferimento di risorse notevole, ma negli ultimi anni la situazione è cambiata soprattutto dopo l’Accordo di Milano.Non possiamo paragonare i costi sociali di un territorio di montagna con quelli della Pianura Padana. E non c’è nessuna Regione che in Italia esercita le competenze che esercitiamo noi. Ma oggi ci troviamo in una situazione di emergenza a cui dobbiamo concorrere, e in modo forte. Su questo non si discute.

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