«No ai Comuni a caccia di evasori»

L’assessore contrario ad applicare in Trentino il modello nazionale: «Sarà la Provincia a fare gli accordi»


Chiara Bert


TRENTO. «La lotta all'evasione non può basarsi sul Comune-delatore. Non sono d'accordo che si mettano i Comuni a caccia degli evasori, soprattutto i Comuni piccoli come i nostri. Non sono attrezzati e si rischierebbe di minare la coesione sociale». Mauro Gilmozzi, assessore provinciale agli enti locali, stoppa il patto anti-evasione del governo Monti, in base al quale i Comuni per due anni otterranno l'intero incasso delle risorse strappate al fisco grazie alle loro segnalazioni. «Non siamo Roma o Milano - avverte Gilmozzi - quel modello non va bene per il Trentino». Se nel resto d'Italia gli accordi tra Agenzia delle entrate e Comuni stanno già assicurando recuperi record, e preziosi introiti per i municipi con bilanci sempre più esangui, in Trentino l'intesa dovrà essere siglata con la Provincia, ma per farlo serve l'approvazione della norma di attuazione sul fisco ancora bloccata a Roma. Il presidente del Consorzio dei Comuni Marino Simoni è stato chiaro: «Questo nuovo modello ci premierà, mi auguro che venga trasferito al più presto nella norma di attuazione». Anche il sindaco di Trento Andreatta, inizialmente dubbioso, si è detto favorevole: «Purché - ha avvertito - gli incassi vadano a noi».

Ma la Provincia tira il freno. «I tributi erariali sono di competenza della Provincia, lo Stato non può fare alcun accordo con i nostri Comuni - mette in chiaro Gilmozzi - gli accordi li faremo noi dopo l'intesa con il ministero e l'Agenzia delle entrate sulla norma di attuazione, compresa la programmazione e le modalità dell'accertamento fiscale».

Ma l'assessore è nettamente contrario all'applicazione del modello nazionale in Trentino: «Il modello trentino non può basarsi sul Comune-delatore. I nostri Comuni potranno contribuire al controllo e a segnalare situazioni di crisi sul territorio, ma non sono d'accordo che vadano a caccia di evasori. Soprattutto i Comuni piccoli rischierebbero di minare quel livello di coesione sociale di cui andiamo fieri. Non siamo l'Emilia o il Veneto, non abbiamo distretti e Comuni di dimensione adeguata per svolgere questa attività».

Gilmozzi non teme l'accusa di scarso impegno nella lotta ai furbetti: «Da noi l'evasione è più bassa. E poi siamo perfettamente consapevoli di vivere delle entrate dei 9 decimi dei tributi erariali, non possiamo permetterci il lusso di garantire sacche di evasione. Il danno lo causeremmo a noi stessi». L'assessore auspica che a Roma si sblocchi presto la norma di attuazione, in base alla quale la Provincia incasserebbe anche gli introiti delle sanzioni (che oggi vanno allo Stato) e che potranno poi essere assegnate ai Comuni. Ma proprio sui destinatari delle entrate della lotta all'evasione rischia di aprirsi un fronte di scontro tra Provincia e Comuni. Non è affatto detto che vadano tutte ai Comuni, come avviene nel resto d'Italia, avverte l'assessore: «Lo discuteremo nell'ambito delle intese di finanza locale. Noi sosteniamo i Comuni in maniera molto più cospicua, sul piano degli investimenti e con il fondo perequativo, di quanto fa lo Stato».













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