Natale triste: la Val di Fassa ricorda i sui quattro eroi

Un anno fa la tragedia della Val Lasties in cui persero la vita i soccorritori travolti da una valanga nel tentativo di recuperare due escursionisti. La valle li ricordo pochi giorni dopo la consegna delle medaglie d'oro



CANAZEI. Cielo grigio e umido sopra le montagne della valle di Fassa, pioggia anche fondo valle, proprio come l’anno scorso - impossibile non farci caso - quando il sole arrivò solo il giorno di Santo Stefano e la neve si portò via i quattro soccorritori impegnati in missione. Sarà un Natale mesto questo (e chissà quanti altri ancora) nel ricordo delle vittime della val Lasties.
C’è Gino Comelli - il capo del soccorso alpino d’alta Fassa - che raccomanda ai suoi uomini di salutare sempre i propri cari prima di partire, perché resti loro un cenno, un sorriso, in caso di disgrazia. Come accadde l’anno scorso a Diego Perathoner, Alex Dantone, Erwin Riz e Luca Prinoth corsi in val Lasties la sera del 26 dicembre quando era già sceso il buio e soprattutto quando i due alpinisti friulani in difficoltà erano già morti.
Un anno dopo il ricordo è ancora vivo. E lo sarà sempre in una valle che ancora ricorda i morti nella neve di quel dicembre 1937. E il dolore pure. Non lo si vede per le strade illuminate a festa di una valle che si prepara ad accogliere i turisti, ma basta bussare alle porte delle famiglie di Canazei e Campitello che hanno accettato di raccontare al Trentino le loro storie con generosità e disponibilità, anche con grande fatica (perché le lacrime, anche un anno dopo, sono sempre in agguato) ma soprattutto con la convinzione che parlare di quei quattro ragazzi sia il modo migliore di ricordarli e far sapere al mondo che - ovunque siate lassù tra le Dolomiti - ci sarà sempre qualcuno disposto a venire a cercarvi (parola di Alessandro Riz).
Lassù in val di Fassa il giornale Trentino ha incontrato un padre che fatica a trovare una ragione per un destino così tremendo, una moglie che trova conforto nella fede, un fratello che vorrebbe tanto voltare pagina ma si rende conto che questo è impossibile e una donna che ritrova nel figlioletto gli occhi del marito. Non serve dire altro, le loro parole semplici e misurate parlano al cuore di tutti noi.
Un anno dopo si è chiuso il capitolo dei risarcimenti. Risvolto materiale di cui nessuno vuol parlare, ma bisognerà pure dire che le famiglie di chi muore in una missione di soccorso - come i quattro giovani uomini fassani - avranno almeno un sostegno economico. Niente vertenze, niente carte bollate: le due assicurazioni, quella nazionale del soccorso alpino e quella integrativa voluta dal corpo trentino, hanno pagato gli interi massimali senza storie. Nessuna contestazione: i parenti delle vittime hanno ricevuto in tutto 700 mila euro da dividere tra i componenti del nucleo familiare.
Maurizio Dellantonio - che da presidente del soccorso alpino aveva gestito tutte le pratiche burocratiche della vicenda - guarda il cielo grigio (come l’anno scorso) e scuote la testa: «Le stesse condizioni meteo, con la pioggia che cade sulla neve fino ad alta quota. Scrivetelo chiaro di fare attenzione: che non succeda un’altra volta.
E poi c’è una ragazza come Mara Dorich, la compagna di Erwin Riz, il più giovane della squadra, che dopo la rabbia e la disperazione ha scoperto la via dell’accettazione: «Perché la gente della montagna non resiste al suo richiamo. Stare con loro, essere una di loro, mi ha fatto capire che doveva andare così. E poiché lui, Erwin, avrebbe voluto così sono salita ancora in montagna, come facevamo assieme, e ho superato i miei limiti. Perché lui era con me».













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