il lutto

Morto Claudio Valdagni, pioniere dell’oncologia

È mancato ieri all’età di 96 anni una delle figure più importanti in Italia nell’ambito della radioterapia



TRENTO. Era il 31 ottobre del 1953, un giovanissimo medico radiologo, Claudio Valdagni, apriva all’ospedale S. Lorenzo di Borgo Valsugana l’otturatore della seconda unità di radioterapia al mondo, avviando così una vera rivoluzione nel campo oncologico fino a quel momento privo di vere armi di contrasto nei confronti delle patologie oncologiche. Fu un vero pioniere, coraggioso, tenace, curioso come solo i grandi uomini sono. Ieri il cuore di Valdagni si è fermato.

Il medico è morto serenamente all’età di 96 anni, ma la sua opera e le sue scoperte hanno arricchito l’intera comunità medica che oggi gli tributa il dovuto omaggio. «La sua non fu una strada tutta in discesa» - ricorda oggi Stefano Chelodi, suo biografo. «All’inizio i grandi baroni della medicina lo osteggiarono in tutti i modi, ma poi il centro oncologico dell’Ospedale S. Lorenzo divenne il fulcro di veri “viaggi della speranza” per migliaia e migliaia di pazienti.

L’ospedale San Lorenzo per almeno un decennio fu vero leader nella radioterapia oncologica, il giovane Claudio Valdagni percorse il mondo per imparare le tecniche più avanzate, per confrontarsi con i colleghi di tutto il mondo e non era infrequente vedere nelle locandine di un congresso medico internazionale l’ospedale del centro valsuganotto in compagnia dei centri universitari di tutto il mondo.

In un Trentino, in un’Italia, uscita da 8 anni dalla fine della disastrosa seconda guerra mondiale, per merito della caparbietà di questo giovane medico, della disponibilità del presidente dell’Ente Comunale Bertagnolli e del sindaco di Borgo Valsugana Segnana, un piccolo paese, di una piccola valle di una piccola provincia italiana diventava riferimento mondiale per il contrasto ad una patologia (patologie in realtà) più perniciose della storia dell’uomo.

«Claudio Valdagni - ricorda ancora Chelodi - ebbe il grande merito di intuire le potenzialità della telecobalto terapia, che metteva nelle mani del chirurgo un sottilissimo “laser” in grado di intervenire senza danneggiare i tessuti vicini, ma ebbe anche il grandissimo merito di inserire nella pianta organica degli ospedali italiani, grazie al congresso del 1964 tenutosi a Roncegno, la figura del fisico – medico, imposta poi in ogni struttura che avesse unità “nucleari”».

L’ultimo sforzo del medico fu la costruzione del centro oncologico di Trento, che sotto la sua direzione fu uno dei centri di eccellenza a livello nazionale. Claudio Valdagni fondò anche la Fondazione Trentina per la Ricerca sui Tumori e in seguito la Associazione Trentina per la Medicina Genomica; ebbe riconoscimenti diversi e fu insignito “motu proprio” per meriti scientifici dal presidente della repubblica Giorgio Napolitano della Commenda.

Libero docente universitario in radioterapia oncologica, aveva tenuto corsi presso il prestigioso centro di formazione di Erice; grande amicizia Claudio la mantenne con Umberto Veronesi, che affiancò in numerose commissioni nazionali, deputate a coordinare la grande battaglia ai tumori.

Grande sforzo, nonostante l’età non più verde, Claudio Valdagni lo mise nel sostenere le attività del Cibio di Trento che combatteva, a suo avviso, la vera grande battaglia contro il Killer (tumori) sulla frontiera della ricerca biomedica, cercando di cogliere il momento della trasformazione della cellula in cellula “anarchica”.

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