Molestie, denunciato vigilante del Muse

L’uomo, che era caposquadra per una ditta esterna, avrebbe approfittato di una sua sottoposta nei locali del museo



TRENTO. La pausa pranzo per lei ormai era diventata un’incubo. All’intervallo sapeva che avrebbe dovuto subire le pesanti attenzioni del suo caposquadra. Molestie sessuali pesanti, palpeggiamenti e avances conditi da continue minacce. Se la donna si fosse ribellata o avesse denunciato quello che subiva, l’uomo le avrebbe fatto perdere il posto. Un vero incubo quello che una donna di una certa età, dipendente di una società esterna che fornisce al Muse i servizi di vigilanza interna, ha vissuto per tre mesi, da settembre a novembre. La donna poco prima di Natale ha vinto la paura e ha presentato denuncia contro il presunto molestatore alla polizia che ha subito aperto un’inchiesta. Secondo quanto riferito dalla signora, a riservarle le pesanti attenzioni sarebbe stato un suo superiore, un caposquadra suo coetaneo, dipendente della stessa società esterna, che avrebbe abusato a lungo di lei. L’uomo nega tutto e respinge le accuse. Per precauzione, però, è stato trasferito e non lavora più al Muse.

La donna ha parlato delle pesanti avances subite prima con i datori di lavoro che l’hanno subito sostenuta e supportata psicologicamente. Poi ha trovato il coraggio di denunciare tutto alla polizia.

Per mesi non aveva parlato perché aveva paura del suo presunto aguzzino e temeva di subire le sue vendette. Ha raccontato gli inquirenti che tutto sarebbe iniziato in settembre. Il caposquadra, che aveva il potere di stabilire i turni, fissava le sue pause pranzo in contemporanea con quelle della donna. Così i due restavano soli in un locale riservato alla vigilanza interna al quale si accede solo con il badge. Il caposquadra avrebbe approfittato proprio di questi momenti per riservare alla donna molestie e attenzioni sgradevoli e indesiderate. Secondo quanto raccontato dalla signora, l’uomo l’avrebbe abbracciata con forza, le avrebbe toccato le parti intime, avrebbe cercato di baciarla. Alle sue resistenze, poi, rispondeva prendendosi gioco di lei. Le faceva capire che lui era il suo superiore e che il suo futuro lavorativo dipendeva dal suo giudizio.

Era un ricatto scoperto e volgare. Il caposquadra avrebbe approfittato della sua posizione per poter sfogare le sue voglie. Una situazione psicologicamente pesante per la povera vigilante, con un lavoro non fisso e un superiore che la minacciava. In queste condizioni, la donna ha cercato di resistere come poteva. Si difendeva e respingeva le avances più volgari e pesanti, e poi cercava di evitare il più possibile il contatto con quell’uomo. Poi, lui, ha cambiato ruolo e solo a quel punto la donna ha trovato il coraggio di denunciare tutto. Prima ha parlato con i superiori che l’hanno aiutata e sostenuta. Poi si è rivolta alla polizia. L’uomo, così, è stato trasferito e non lavora più al Muse. Il direttore del museo Michele Lanzinger ha spiegato: «Non è un nostro dipendente».

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