«Mamma, anch’io voglio avere il naso»

La piccola, adottata da una coppia di Rovereto, arriva dal Burundi. Vittima di ustioni, ora le stanno ricostruendo il viso


di Alberta Pierobon


ROVERETO. Se ne sta in braccio alla mamma adottiva, testa appoggiata sulla sua spalla, manine che ne accarezzano capelli e viso. Le piccole dita viaggiano su guance e fronte, arrivano al naso e lo tastano leggere: «Mamma? Mamma lo sai che anche io voglio tanto avere un naso?».

Già perché Odette (così la chiameremo per tutelarne l’identità), quattro anni, il naso non ce l’ha, ha solo narici, due buchetti. E non ha nemmeno le labbra. Il resto del viso, il collo e le spalle sono deformati da un’unica cicatrice, come un’ingessatura che ne costringe i movimenti. E fino a metà settembre era anche priva di una palpebra inferiore, il che per tutta la sua piccola vita l’aveva costretta a lacrimare sempre, a non poter chiudere entrambi gli occhi per dormire e le stava costando la vista.

Adesso Odette, la strepitosa piccolina con il viso cancellato, simpatica e intelligente (dopo un mese qui, già parlava italiano), una creatura che si è aggrappata alla vita con artigli di aquila e ce l’ha fatta, da aprile abita a Rovereto con due strepitosi genitori, Francesca e Fabrizio, a fine iter per l’adozione definitiva. Lui 40 anni, lei 30, hanno già un bimbo di tre anni e uno che sta per nascere. Assieme a Odette fanno la spola con Padova, al reparto di chirurgia plastica ricostruttiva del professor Franco Bassetto, dove sono stati inviati dal San Raffaele di Milano: prima di decidere l’adozione, hanno voluto capire se e dove qualcuno avrebbe potuto ridare un volto, per motivi funzionali prima che estetici, a quella creatura. E sono arrivati a Padova.

Dove con cinque delicatissimi interventi, nel giro di due anni, Odette tornerà ad avere un viso. La prima operazione, quella per ricostruire la palpebra, eseguita 40 giorni fa, è andata bene. A febbraio la prossima, per costruirle il labbro inferiore. Poi il naso. E la guancia. E il resto. Franco Bassetto, che stravede per quell’incredibile piccinina chiacchierona e sempre in movimento, è molto ottimista.

Odette ha visto la luce quattro anni fa in Burundi, il meraviglioso piccolo Paese dei grandi laghi africani, lo Stato devastato dagli scontri etnici con il Rwanda (400 mila morti solo tra i Tutsi)).

A tre mesi è rimasta ustionata forse perché finita a testa in giù in acqua bollente, o forse durante uno dei frequenti incendi che devastano le case-capanne fatte di terra, con il tetto di paglia. Era quasi morta: i genitori hanno preso il corpicino e l’hanno abbandonato nell’orfanatrofio gestito dalle suore di Santa Teresa di Calcutta. Non si sono fatti più vivi. E’ sopravvissuta, quella bambina: dichiarata adottabile dallo Stato del Burundi, due anni fa le suore hanno lanciato in rete la sua storia. L’appello è stato raccolto da una coppia di Valencia, in Spagna, che è andata a prendersela, se l’è portata a casa. E ha iniziato l’iter chirurgico, partendo dall’intervento ricostruttivo della palpebra inferiore, il più urgente. Ma le cose sono andate male: dopo l’operazione, febbri altissime e incontrollabili, infezione, pus, rianimazione. Intervento fallito, tutto da rifare.

La coppia non regge, entra in crisi, decide di rinunciare alla piccola. E si separa. Odette viene riportata nell’orfanatrofio in Burundi. Dove, senza cure, non può sopravvivere, le suore lo sanno bene. Altro appello in rete, ma con una clausola: nessun affidamento, la bambina non esce dal Burundi se non per essere adottata definitivamente.

Ciò che hanno fatto quella mamma e quel papà così normali, così speciali, di Rovereto, membri della comunità Papa Giovanni XXVIII, movimento cattolico, fondato da don Benzi, di condivisione, accoglienza, case famiglia, in Italia e nel mondo.

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