Libia: a Rovereto gli eventuali profughi destinati al Trentino

Dellai: "Un centinaio di rifugiati sarebbero ospitati all'ex polveriera di Marco, anche se si tratta di una sistemazione provvisoria. Ma aspettiamo che il governo ci dia informazioni dettagliate"


Robert Tosin


TRENTO. L’ex polveriera di Marco sarà la prima risposta all’emergenza. Ma sarà una soluzione temporanea. Tutto però dipenderà dalle esigenze che il governo farà presente e al momento quel fronte tace. L’accoglienza dei profughi libici, se ci fosse la necessità, non è assolutamente messa in dubbio, ma senza dati e date precisi non è possibile fare progetti.

«Noi faremo la nostra parte - ha chiarito l’assessore Lia Beltrami - nel momento in cui ci verrà chiesto. Per ora anche le cifre sono molto ipotetiche e la necessità di accogliere profughi dipenderà anche dalla situazione in Libia. Al momento non abbiamo ricevuto disposizioni».

Le richieste romane riguardano strutture fisse in grado di ospitare qualche centinaio di persone e la disponibilità provinciale su questo fronte al momento pare non esserci. Per il centro di protezione civile all’ex polveriera di Marco invece non ci sono problemi. Nella progettazione originale era previsto anche un utilizzo di questo tipo, espressamente chiesto dal demanio pubblico nel momento di cedere gratuitamente l’area alla Provincia.

La popolazione locale non l’aveva presa bene e la rassicurazione maggiore derivò appunto dal fatto che comunque quel campo non avrebbe potuto ospitare persone per lunghi periodi. E questo lo ha detto anche ieri il presidente Dellai, ricordando che all’ex polveriera non ci si può stare per più di due o tre mesi. A parte una serie di casematte utilizzate come deposito di ordigni e solo in parte convertibili in alloggi, il centro roveretano può contare su alcuni container-alloggio e una tensostruttura.

Oggi ospita squadre di soccorritori impegnate nelle esercitazioni, ma si tratta di numeri ridotti e per periodi minimi, due o tre giorni. Accogliere qui cinquecento o più profughi non sarà comunque semplicissimo, soprattutto se si dovesse arrivare a ridosso dell’estate, quando la pietraia dei Lavini e le strutture del campo rendono l’area un vero e proprio forno. I vantaggi derivano dal fatto che l’area è attrezzata, vicino alle principali vie di comunicazione e facilmente sorvegliabile. Dal paese sono già arrivati i primi mugugni, soprattutto pensando alla pressione che potrebbe avere una difficile realtà come quella di una comunità di profughi sulla popolazione.
Se dunque Marco dovrà reggere certamente la prima ondata (sempre se sarà necessario affrontare l’esodo dalla Libia in un’ipotesi di conflitto ancora duraturo), il problema non sarà risolto così, perché ai rifugiati dovrà essere data una collocazione meno provvisoria. La permanenza potrebbe essere anche piuttosto lunga e un rimpatrio immediato sarebbe improbabile.

Da questo punto di vista la Provincia si sta attivando per valutare altre ipotesi, ma fino a quando non si avranno degli elementi in più è praticamente impossibile decidere. Anche perchè pure le altre regioni italiane dovranno sostenere l’emergenza. Attualmente sono già disponibili circa 70 posti letto per emergenze di questo tipo. Se i numeri fossero a questi livelli non sarebbe in effetti un problema. Se il Trentino dovesse farsi carico di alcune centinaia di persone la faccenda risulterebbe ben diversa. L’Alto Adige ha già messo le mani avanti e ha dato la disponibilità per un numero inferiore a cento. Oggi in provincia ci sono 18 appartamenti dislocati su tutto il territorio che consentono di ospitare contemporaneamente 30 persone che hanno richiesto la protezione internazionale. Complessivamente i posti letto gestiti da Cinformi sono 70 e vengono utilizzati anche per altre categorie vulnerabili.

Dal 2003 ad oggi il Trentino ha ospitato 172 persone (maschi per il 65%) che hanno richiesto la protezione internazionale. Per la maggior parte si è trattato di kossovari, soprattutto nel periodo della guerra jugoslava (39), 20 i macedoni, 19 gli afghani, 9 gli eritrei, 8 dall’Iran e Pakistan, 7 dalla Liberia, 6 dal Tibet, 5 dal Togo.

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