Le norme di salvaguardia possono attendere

Riforma Titolo V: nel ddl del governo manca la clausola per Trento e Bolzano



TRENTO. Non c’è. Ma arriverà più avanti. È la clausola di salvaguardia oggetto da settimane di febbrili trattative fra le Autonomie e il governo, nell’ambito della riforma del Senato e del Titolo v della Costituzione da tempo annunciata dal premier Matteo Renzi. Che ieri a Palazzo Chigi ha finalmente presentato il relativo disegno di legge, nel pomeriggio approvato all’unanimità dal Consiglio dei ministri. Nel testo, diffuso integralmente dal sito della Presidenza del Consiglio, così come nella scheda di sintesi e nelle immancabili slides, non c’è appunto alcuna traccia della clausola di salvaguardia: una formulazione normativa che tenga cioè conto della particolare specialità delle Province autonome di Trento e Bolzano per quanto riguarda il riparto delle competenze fra lo Stato e le Regioni. Testo che invece conferma quelle che erano le intenzioni da tempo esplicitate da Renzi: riportare ordine nel marasma dei conflitti di competenze fra Stato e Regioni, riportando sotto l’ombrello del governo interi settori finora oggetto di competenza concorrente. La clausola di salvaguardia, che dovrebbe invece fissare - mantenendolo - l’attuale regime delle potestà provinciali, arriverà probabilmente più avanti, in sede di emendamenti in commissione e in aula, presentati da parlamentari con il parere positivo del governo o - meglio ancora - sottoscritti dallo tesso esecutivo. Queste almeno le rassicurazioni che il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Delrio ha dato nei giorni scorsi ai governatori Rossi e Kompatscher. Nessun dramma, insomma. Almeno per ora.

Vale invece la pena notare che, per quanto riguarda la composizione del futuro Senato delle autonomie, il ddl del governo assegna alla nostra regione otto senatori: i presidenti delle due Province, i sindaci di Trento e Bolzano, due consiglieri regionali eletti dalla stessa assemblea e - questa è la novità - anche due sindaci eletti invece da tutti i primi cittadini della regione in assemblea congiunta. Circa i costi della politica, la riforma varata dal governo contiene pure quanto già annunciato: la previsione cioè secondo cui i presidenti delle Regioni (e dunque delle Province autonome) non potranno godere di emolumenti superiori a quelli dei sindaci dei capoluoghi. Norma che nei giorni scorsi Rossi aveva già duramente criticato.













Scuola & Ricerca

In primo piano